giovedì 22 luglio 2010

SE MAI SI COMINCIA

Stampo una partecipazione di nozze per il 25o anniversario di matrimonio, subito dopo, preparo la forma di un bigliettino per bomboniere, sto componendo la parola “battesimo” e fuori ( ho la tipografia sotto al campanile), la campana batte rintocchi a lutto.
E giù a riflettere.
Un secondo. Contiene la vita e la morte, mi fermo e lo apro.
Quante cose, il nonno di Silvi che la scongiura (per gioco) di dargli un nipote maschio, in famiglia ci sono troppe femmine. Se ne và. Non fa a tempo a vedere il mio Marco che nasce due mesi dopo.
La nonna Carolina, un amore, ci lascia, trentanove anni dopo la mia nascita, lo stesso giorno, 29 gennaio.
La vita…
La morte…
Quanto siamo legati a questo corpo.
Gli compriamo tutto ciò che ci chiede. Non solo, fatichiamo a scegliere il colore della camicia della quale necessita il riparo; il colore dell’auto, che può portarlo “a giro”; la forma del telefonino, che vuole utilizzare per comunicare con sveltezza.
Purtroppo per me, sto tentando di affrancare il mio “se” dal mio corpo, so che sono complementari ma con il piede di porco della volontà sto staccando queste due parti, voglio vedere come sono fatte, il suono prodotto e quello del distacco dell’aragosta dal suo esoscheletro: SGUASH!
Purtroppo per me, lo sto facendo con tutto l’impegno che riesco a produrre.
Avete presente quelle buste di plastica, che sull’orlo hanno due strisce di plastica che aderiscono tra di loro per mezzo di piccoli bottoncini tondi, quelli opposti si inseriscono uno nell’altro, ebbene, quelli presenti fra il mio spirito e il mio fisico sono tantissimi, li riesco a vedere tutti, però, mentre ne stacco uno, quello dietro si riattacca.
Quanti bottoncini mi riattaccano alla realtà, mi sta bene la presenza di ognuno di loro, ma allo stesso tempo li vorrei attaccare e staccare a mio piacimento.
Non sto percorrendo la strada della follia, anche se potrebbe sembrare, sto perseguendo con lo stesso impegno anche dei progetti meramente materiali.
E’ un lavoraccio, capendo come sono fatto, spero, riuscirò a capire meglio le mie reazioni così da comprendere meglio ciò che mi circonda, voglio che si modifichino un sacco di cose, e ci sono tanti amici che stanno lavorando come me.
Primo fra tutti, l’atteggiamento violento. Se tutti lavorassimo per vedere dentro noi stessi, scopriremmo, ne sono sicuro, che l’uomo sa che può farne a meno.
Che fatica, so perfino che non mi è stato dato, nascendo in questa epoca, di vedere il frutto di questo lavoro ma… se mai si comincia…

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