martedì 26 agosto 2014

Importanti cannucce

Ho letto questo piccolo librino tutto d'un fiato, il libro letto prima era dello stesso autore, quello mi ha fatto viaggiare fuori, questo, dentro. Entrambi i viaggi hanno come protagonista il tempo.
Tempo che si curva intorno a noi se vogliamo ma che quasi sempre ci trascina altrove.
Dopo aver letto "Equinozio di primavera" è nato in me un pensiero che cerco di tradurre così:
Ognuno di noi vede il mondo che lo circonda ma solo ogni tanto lo guarda.
Quando lo fa non può che farlo attraverso la cannucce di cui si dota con la propria conoscenza, cannucce corte e lunghe.
Si può scegliere se concentrare lo sguardo lontano, vicino o nelle infinite distanze tra lontano e vicino.
Solo il caso pone tra le mani la cannuccia, della lunghezza che vuole, aumentando o diminuendo l'ampiezza del  nostro campo visivo a seconda della sua lunghezza.
Solo il caso fa coincidere le direzioni di due cannucce; più spesso si possono osservare cannucce orientate in infinite altre direzioni con sguardi puntati in infinite altre profondità.
Magia è l’incrociarsi delle due cannucce e magia è che entrambi gli sguardo siano puntati sul fondo dell’altra.
Magia è che gli sguardi ricadano con reciproco interesse sulle persone che possiedono proprio quelle due cannucce.

Come può l’età, il sesso, o qualsiasi altra differenza tra le persone contrastare questa magia quando, forse, sono proprio l’età, il sesso e tutte le altre differenze a catalizzare quella magia proprio in quel preciso istante?
Grazie a Pino

A Scauri di Minturno  venerdì 29 agosto 2014 alle ore 20,45 Giuseppe De Renzi presenterà questo libro in occasione della XVIII Edizione di "SCAURITANUM"
presso DarsenaFlyng Baia di Monte d'Oro

sabato 23 agosto 2014

Carosignorecambiatorediruotallaclio



Scendo e vado a cambiare la ruota bucata di Lucia, la 'nnammurata di Marco.
Apro il baule, alzo il tappetino e trovo la scatola che contiene cric e chiavi, c'è anche una piccola maniglietta di ferro per sganciare il copricerchione.
il cric è particolarmente incastrato quindi prima di toglierlo memorizzo la posizione per riporlo successivamente con facilità.
Precedentemente non avevo compreso come liberare la ruota che è agganciata sotto l'auto, il sistema è dotato di una maniglia sulla quale è scritto "push", sotto, una struttura in plastica lascia intravvedere una grossa vite, anche quella in plastica, la cui estremità superiore vede alloggiato un pallino che è possibile sganciare, altrimenti non si potrebbe liberare la ruota di scorta, infatti la grossa vite in plastica è infilata nel buco per il mozzo.
Puscio la maniglia senza impugnarla, semplicemente appoggiando la mano sopra e la grossa vite in plastica si libera dalla filettatura che la trattiene facendo cadere a terra la ruota. La trascino verso di me, libero il pallino all'estremità del cavo che è attaccato con un avvolgitore a molla alla maniglia ed entro finalmente in possesso della ruota di scorta. A questo punto, visto che la ruota sta sotto l'auto apposta per raccogliere tutte le micropolveri che impongono targhe alterne e ZTL, divento più nero dell'uomo nero in una notte senza luna chiuso in un garage senza finestre dopo che un fulmine ha tranciato i cavi dell'alta tensione lasciando al buio mezza Italia, ma mi scotoleo alla bene e meglio e proseguo.
Eseguo l'agognata manovra e già mi prefiguro, fiducioso come un bimbo che guarda la mamma che gli sta scartando l'agognata brioscina, il riagganciamento della ruota bucata.
Rido da solo.  (e ne ho ben donde).
Prendo in mano la grossa vite in plastica che fa parte del sistema di aggancio (la potete vedere all'interno del famigerato cerchietto rosso adottato per l'occasione e inserito nella fotografia qui sopra)  e la infilo nel buco per il mozzo della ruota, sfilo, tirandolo, il cavo d'acciaio che nel frattempo si è riarrotolato nella maniglia con scritto "push" e sistemo nell'apposita fessura il pallino; le mani scivolose non mi permettono di far bene presa sul cavetto da due millimetri quindi non riesco a tirare a sufficienza per incastrarlo. Tiro la maniglia e la ruota, che vorrebbe rimettersi al suo posto, scompare sotto l'auto ma la micrometrica posizione non corretta della ruota vanifica il primo tentativo di aggancio.
Vedo che la vite deve essere ruotata in una precisa posizione per rientrare nel foro sul fondo del baule altrimenti non passa, facendo rimanere sospesa e dondolante la ruota sotto l'auto e me come uno scemo ad un metro dall'auto con 'sto cazzo di maniglioneconscrittopush in mano che pensa: tiro più forte o ricomincio daccapo?
Ricomincio daccapo, il maniglioneconscrittopush è di plastica e da l'idea di resistere quanto Will il Coyote appeso al precipizio solamente con il mignolo.
Ovviamente, si sgancia il pallino.
La Renault avrà ben un santo protettore, quindi, pur non sapendone il nome, lo bestemmio sicuro che le parole espresse già hanno una via percorsa in precedenza.
Riaggancio il pallino ma devo mantenere il cavo tirato altrimenti si risgancia, ma se tiro il cavo per mezzo della maniglia non posso vedere sotto l'auto se la vite si infila correttamente.
Rimetto la ruota con la vite in plastica infilata sotto l'esatta verticale del foro del baule nel quale deve andare a finire, la ruoto un pochino, di un grado o due immagino pensando che ogni secondo sul quadrante dell'orologio corrisponde a tre, per metterla nella posizione esatta, a mazzo ovviamente, e tiro nuovamente il cavo a mezzo maniglioneconscrittopush.
L'estremità della vite nemmeno questa volta si imbocca bene quindi non si infila nel suo foro e rimanenuovamente la ruota ondeggiante sotto l'auto, continuo a tenere il cavo teso con il braccio destro al massimo sforzo visto che la ruota non pesa proprio  come una mentos, mentre cerco di affacciarmi sotto l'auto per vedere di quanto deve ruotare su se stessa la vite per potersi infilare, ci riesco con la mano sinistra, mancava solamente un grado.
Lascio andare piano, piano, il cavo e faccio in modo che la ruota si appoggi a terra proprio sotto il foro nel baule, tenendo teso il cavo per evitare che il pallino si sganci di nuovo.
Piano piano mi rialzo, ovviamente tenendo teso il cavo con il maniglioneconscrittopush e do uno strattone, questa volta senza ritegno alcuno, o la va o la spacca (e in fondo, se spaccasse, porterei conforto alla parte più cattiva di me che rimane sempre a boccasciutta).
Tra! tra! traaak|!
La vite si infila esattamente dove si deve infilare e i fermi della filettatura che prima avevo liberato pusciando il maniglioneconscrittopush la bloccano evitando che la ruota ricada a terra.
Sudato come una bestia che suda molto faccio girare una ghiera in plastica bianca che serve a stringere ulteriormente la grossa vite in plastica nera.
Ok! la ruota è al suo posto. Metto a posto anche la chiave usata per svitare e avvitare i bulloni della ruota e cerco di mettere a posto il crik. 
Col cazzo!
Provo e riprovo ma non si infila nella sua scatola, o meglio, ci si infila ma sporge sempre un pochino, quindi, il coperchio della scatola non si posiziona bene e a sua volta, il tappetino del baule, non si mette bello steso sul fondo. Ora il coperchio della scatola lo fanno leggermente più covesso, qualche bestemmia deve aver colto nel segno.
Il cric ha un piedino, quello che appoggia a terra per intenderci, che si muove avanti e indietro di poco più di un centimetro ed è agganciato ad una molla che lo trattiene in una particolare posizione.
Guardo il cric e la forma del suo alloggiamento e comprendo che prima di infilarlo devo tirare il piedino nella posizione che non è permessa dalla molla, lo infilo nell'alloggiamento, lascio andare il piedino che si mette nella posizione che gli dice la molla e la scatola finalmente si chiude.
Ho generalmente una buona manualità ma ammetto una grande imbranataggine soprattutto quando perdo la pazienza, proprio per questo, dopo i falliti tentativi di ieri, ripensando a come è fatto il sistema di aggancio della ruota, ho compreso le ragioni di quel cazzo di ingegnere che ha ideato tutto l'ambaradam e oggi, con la pazienza che cerco di apprendere leggendo le parole di alcuni maestri Zen, ritento e riesco a fare quello che volevo fare.
Ora; miei cari amici della Renault, lasciamo perdere la pena di morte e la tortura, per carità, ma 'na bella paliata a 'sto cazzo di ingegnere, gliela vogliamo fare o no?
Poi prendiamo l'ingegnere e gli facciamo ripetere l'operazione da lui ideata fino a che sbatte per terra, lo si fa dormire una mezz'oretta, e gli si fa ripetere tutta l'operazione nuovamente fino allo sfinimento, tanto questa non è tortura, giusto? E' stata ammessa questa procedura dalla commissione dei diritti dell'uomo, giusto?
E, se l'ingegnere dice qualcosa, scrivetemi che ci penso io, come minimo deve lavare l'auto di Lucia, dentro e fuori, la deve far diventare uno specchio, io per fare tutto quello che ho descritto, tra il grasso del cric e lo sporco accumulato dalla ruota sotto l'auto, per lavarmi ho avuto bisogno di essere aiutato da Silvi, ma nel video illustrativo di come si cambia la ruota alla clio, il "modello" ha un bel pantalone bianco candido.
Quindi, carosignorecambiatorediruotallaclio, non farti trovare in giro con quel pantalone bianco perché: mi fermo, ti chiamo, prendo il piccolo coltellino che ho agganciato al portachiavi e ti buco la gomma dell'auto; se sei a piedi e, soprattutto, se non possiedi una clio, buco la gomma alla prima clio che trovo tanto so per certo che riceverei da quello che potrebbe sembrare un povero malcapitato, un abbraccio sincero e fraterno. Insieme ci schiatteremo di risate anche se indosserai un pantalone nero.
E  ora godetevi il video ma non vi fidate, quello che vi succederà a ripetere le operazioni illustrate, non ve lo potete nemmeno immaginare, inoltre, il carosignorecambiatorediruotallaclio nemmeno ci prova a farsi riprendere mentre ripone il crik.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                 clicca sulla foto

domenica 17 agosto 2014

Giorgio Perlasca

Quando tutti dicono:
- Però, cazzo! è vero, vengono e ci rubano il lavoro.
Ma i lavori che si accollano, noi, cerchiamo di evitarli fino a che non ci troviamo nelle loro medesime condizioni.
- Però, cazzo! è vero, bisognerebbe aiutarli a casa loro.
Ma i motivi che li spingono lontano da casa li abbiamo generati noi.
Però, cazzo! è vero, fanno i marciapiedi e non capiscono che le sedie a rotelle non salgono facilmente gli scalini.
Ma: - Mi fermo solo per prendere le sigarette. E parcheggio di fronte all'unica rampa.
- Però, cazzo! è vero, le centrali nucleari forniscono molta energia ma lasciano eredità terribili.
Ma lasciamo accesa ogni sorta di luce e lucetta... per sempre, dalla prima volta che pigiamo il bottone.
Facciamo cazzate a non finire, poi, in un dato momento, una persona dice:
- Però, cazzo! è vero, ma che cazzo stiamo facendo!
Un ferragosto come tanti diventa improvvisamente importante. Non lo diventa per qualche avvenimento sportivo o per qualche manifestazione estiva ma a causa della morte di una persona importante, di quelle che fanno diventare importanti gli istanti fino a diluirli nel sempre senza che mai se ne disperda completamente il colore.

Un portatore di sorrisi che senza perder tempo s'inventò console, non per avere uno scranno importante per un tornaconto meramente egoistico, macché, non se ne poteva fregare di meno; per concretizzare quel "ma che cazzo stiamo facendo!"
Un portatore di sorrisi che avrei voluto come terzo nonno solamente per sentirgli raccontare come, infilandosi in quel tunnel di rischi pieno di gesti che necessitano di infinita energia per essere portati a termine, le sue giornate, per un po', non furono più normali.
Come  August Landmesser, iniziò con un singolo gesto di solidarietà, trasformando i suoi giorni in quello che diventò un'epopea che da nonno racconterò ai miei nipotini cercando di imitare uno dei sorrisi più belli.
Padova, 15 agosto 1992
muore GIORGIO PERLASCA
Come mi vennero le parole di quella  poesia? Mi ripassa davanti la fotografia di Giorgio Perlasca e ricordo.

Non si smontano i sorrisi
Tentano sempre
con spatole ed altro
di staccare
trecce di parole
e di sorrisi.
Chiudono le porte
e smontano i propri
come con il palco
dopo un concerto.
Tanti ne ho
e mi prendo anche i loro
arriverà il giorno
in cui li vorranno rivedere.
Da fuori le mura
li riporterò
facendo notare
che li si può staccare
solo col martello
ma non si possono smontare.
Si possono nascondere
per qualche tempo,
la peste passa
e subito li ritrovi.
I sorrisi ci sono
e anche le parole,
si intrecciano ancora
e sempre lo faranno,
perché i sorrisi
non si possono smontare,
solamente si può
nasconderli un po’.