venerdì 30 luglio 2010

OCCHI UCCISI













11 dicembre 1981.
Soldati del battaglione Atlacatl, esercito del Salvador, paese governato con violenza da Josè Napoleon Duarte, armati con fucilia utomatici M-16, nuovi nuovi, gentilmente forniti dall'amico paese che ha per capitale Washington, entrano a El Mozote con la scusa di cercare componenti il Fronte di Liberazione Farabundo Martì (FMNL).
Quelli dell'FMNL, anche se in misura minore rispetto ai governativi, si macchiano di azioni sanguinose, quindi fanno parte dei nemici combattuti dagli USA negli anni '60 - '70 - '80 in tutto il Centro America in quanto, tra l'altro, filo-comunisti. Ronald Regan arriva a dire: , dando ad intendere che il Nicaragua è pronto ad invadere gli Stati Uniti.

Architetto principale delle angherie Usa in Centro America in quell'epoca è un certo Jonh Negroponte.
Su un lato della piazza, al centro di El Mozote, la gente infreddolita stà uscendo dalla chiesetta.
I militari irrompono e costringono tutti pancia a terra. Le donne vengono portate con i bambini nelle case di Marqes e di Benito Diaz, gli uomini, invece, nella chiesa. La notte passa.
Prima che abbia inizio la strage, arriva un elicottero dal quale scendono delle persone. Gli uomini prima e successivamente le donne, tutti vengono torturati.
I soldati sparano su ogni cosa si muova. Oggi, oggetti rotti e ancora sparsi, muri, porte e finestre bucherellati sono tutto ciò che rimane a testimonianza di quel giorno.
No!
Rufina Amaya è sopravissuta e cantilenando racconta: - Io avevo i miei tre figli intorno, di cui una bimba che ancora allattavo, me li strapparono, così, come fecero alle altre madri, e li portarono in chiesa. Io li sentivo urlare "mammina, mammina, aiutaci, ci stanno ucidendo con i coltelli".
Filmati girati nei giorni successivi da volontari, mostrano abiti induriti dal sangue rappreso che vengono sollevati mostrando i corpi sgozzati dei bimbi
400

Tra i volontari c'è Santiago Consalvi, giornalista oppositore del regime, raccontando quelle scene le definisce con una sola parola <...dantesche...>
Rufina, inginocchiata in fila con le altre donne, in attesa del colpo di pistola alla nuca o della coltellata che porrà fine alle ancora udibili strilla dei bimbi, con lo sguardo segue un sentiero che pare terminare in mezzo ad animali al pascolo, aprofittando del sopraggiunto buio, lo segue strisciando. Scava un buco per terra, per non farsi sentire vi infila la testa e... urla. Le sparano ma riesce a dileguarsi e dopo sei giorni selvaggi in mezzo alla foresta, viene raccolta da una contadina che con i figli vive in una grotta.
<...il battaglione Atlacatl fu in effetti addestrato da militari degli Stati Uniti nel 1981. Furono addestrati un totale di 1383 soldati. L'addestramento fu condotto nel Salvador>. Parole tratte da un documento che il sottosegretario alla Difesa Carl W. Ford spediva nel 1990 all'On. Jonh Joseph Moakley in Campidoglio.
I soldati delle truppe scelte Atlacatl, erano degli psicopatici che nelle 48 ore che seguirono il loro ingresso a El Mozote, uccisero 1200 persone con il sostegno della nazione che si è posta alla guida della "Guerra al Terrorismo".
Ford dichiara che l'addestramento degli ultimi 150 soldati dell'Atlacatl viene interrotto il 13 novembre 1989, anno in cui il famigerato battaglione firmerà la sua "ultima?" strage. Nei locali dell'Università Cattolica di Managua vengono massacrati sei intellettuali gesuiti e due perpetue.
Ulteriori evidenze sull'esatto numero delle vittime e su chi fossero i responsabilio dell'eccidio, sono di pubblico dominio e sono redatte nei rapporti della "Commission on the true for El Salvador", creata in seguito alla Mediazione di Pace dell'ONU il 16 gennaio 1992.
Capelli lunghi, raccolti in una coda di cavallo, un po' sovrappeso, bassina, Rufina donna dagli occhi vuoti, donna dagli occhi uccisi.
Liberamente da me tratto dal libro "Perché ci odiano" di Paolo Barnard, edizioni BUR.
Dedicato alle 1200 vittime di El Mozote.
Paolo perdonami, non ce l'ho fatta a trattenermi.
by maxtraetto (31/05/2007 - 21:06)

Il portatore sano d'ombra



Un portatore sano d'ombra o un portatore d'ombra sana?
Mi muovo o sto fermo un po' d'ombra la faccio, come tutti.
Siamo tutti uguali perché abbiamo un'identica ombra o sono solo le ombre ad essere uguali?


Siamo uguali in quanto esistiamo senza esistere, siamo l'illusione di ciò che siamo altrimenti verremmo considerati sempre nel medesimo modo.
Invece no, ad alcuni risultiamo simpatici, ad altri, antipatici, c'è chi ci ama senza conoscerci bene e chi ci odia con le stesse modalità.
Siamo un'illusione, prima era un concetto che non tanto mi appariva chiaro per quanto spesso ne ho letto, ora ne sono sicuro.
Sono un'illusione in quanto prima non sapevo nemmeno di esistere se non quando mi relazionavo con altri oppure davanti ad uno specchio.
Guardavo me cercando il brufolo che avrei preferito non ci fosse e se lo trovavo... cick, lo schiacciavo.
Guardavo me per decidere se e perché radermi.
Non cerco il perché dettato dalla praticità o dal desiderio di evitare che , come spesso mi succede, i peli mi si riinfilino sotto pelle, quasi a sfuggire all'azione del rasoio.
A volte non ho brufoli, ne peli incarniti, non fa troppo caldo ne mi da fastidio questa, continuamente in crescita, barba, eppure mi rado.
Mi rado per perpetuare l'illusione di essere un portatore d'ombra.


Non faccio troppo male.
Non faccio troppo bene.
Sono abbastanza contento di come sono ma sarò più contento quando, disteso a terra,
quest'ombra, riusciro a sollevarla.






by maxtraetto (16/05/2007 - 19:18)

LA FINE E` IL MIO INIZIO


Sabaudia, 15 aprile 2007
Lascio l'auto e mi avvicino a quattro persone. Una sta parlando con una ricetrasmittente.E' evidentemente un loro spasso, divagante dal quotidiano.
Domando se avrò problemi a lasciare l'auto senza pagare il parcheggio, non ho notato ne rivenditori ne macchinette automatiche per la vendita dei biglietti per la sosta.
- No, si paga solo d'estate. Mi risponde quello che mi si è avvicinato.
- Grazie, buona giornata.
La strada che attraverso è percorsa da molti ciclisti, scaricano tossine pedalando, lentamente, dialogando.
Davanti a me le dune, tante volte ne ho letto le descrizioni fatte da Igor Man.
Ha ragione, danno un senso di pace.
Camminando lascio le impronte delle mie scarpe, poco profonde, la sabbia è umida e dura.
Discendo la duna aggirando uno stabilimento balneare chiuso
Arrivato sulla spiaggia, a destra non vedo niente, un chiarore biancastro di foschia nasconde il solo intuibile paesaggio.
A sinistra il monte del Circeo.
Pochi pescatori lanciano continuamente l'amo, una famigliola passa, i due bimbi sorpassano e si fanno sorpassare da un gaio barboncino, di razza alquanto dubbia, di tanto in tanto, si ferma, alza il muso verso i compagni di corse e... non riesco a sentire cosa dice.
E' così felice che qualcosa, in lingua canina, sta sicuramente dicendo. Deluso, ma non troppo, dalla mancata risposta da parte dei bimbi, lingua di fuori, riprende a correre, ugualmente felice.
Scarpe e calzini, per ora, non servono, li tolgo e poso di lato.
C'è un bastone curvo, sbadatamente, traccio un semicerchio nella sabbia di fronte a me, con lo sguardo rivolto al lattiginoso orizzonte.
Incrocio le gambe e apro "La fine è il mio inizio".
Porco cane!Risuonano spontaneamente queste due parole, rimbombandomi nel cranio.
Non sono rivolte al cagnolino di prima, ovviamente, bensi al risvolto della copertina, o meglio, alle parole stampate sopra.
Le prime cinque righe descrivono un monaco zen che traccia un cerchio chiudendolo, ultimo gesto della sua vita.
Porco cane! Mi ripeto.
Il barboncino, ignaro e lontano, continua a correre quasi solamente sulle zampe posteriori, girato verso i ragazzini.
Leggo parole toccanti, non si può rimanere indifferenti, fino a che, Terzani, parlando di se, di "se",dice queste parole:
"Chi è il testimone silenzioso del tuo sogno".
Appoggio i polsi sulle ginocchia, chiudo gli occhi ed il respiro del mare favorisce la concentrazione sul mio respiro.
Medito.
In totale abbandono divento sfera.
Non tocco terra ma nemmeno sono prigioniero della gravità.
Chi è il testimone silenzioso del mio sogno?
Le lacrime corrono copiose.
Riprendo il controllo, torno sfera e... respiro.
Per tornare verso la strada, percorro al contrario il medesimo tragitto dell'andata, scalzo, facendo volontariamente attenzione a non calpestare le impronte dell'andata.
Solo quando torno all'auto mi accorgo di quanto tempo è passato, quasi due ore.
Oggi sono a metà della mia vita, quand'anche durasse un solo, breve, ultimo istante.
Non so cosa, di tutto questo, sia vero.
...e sono arrivato solamente a pagina quindici.
by maxtraetto (17/04/2007 - 13:17)

IL RUOLO DELLE DONNE NELLE RIVOLUZIONI IN AFRICA



Il caso esemplare di Ndatté Yalla del Senegal
Diye Ndiaye
La storia della conquista coloniale che ci viene insegnata lascia a volte pensare che questo sia stato un processo senza opposizione da parte delle popolazioni locali, che l’Africa si sia lasciata domare senza reagire: la maggior parte dei testi si muove su questa scia interpretativa. E anche nei casi in cui sono state riportate delle figure che hanno combattuto contro l’amministrazione coloniale, si tratta nel 99% di figure maschili, dei valorosi eroi della resistenza africana.
Non si può certo dire che, già in epoca pre-coloniale, i primi esploratori e commercianti non avessero notato il ruolo occupato dalle donne nelle sociétà africane: benché gli uomini affermassero la propria supremazia politica, alle donne venivano infatti riservati spazi importanti di potere. Questi erano particolarmente visibili nelle sociétà matrilineari, dove la trasmissione delle funzioni politiche e dei beni passavano attraverso le donne: la vita era organizzata intorno alle madri, ed il potere degli uomini ne risultava attenuato.
Tuttavia, gli scritti esistenti sulle donne africane non hanno mancato di dipingerle e di presentarle come un essere “minore”, asservito agli uomini, probabilmente anche perché i territori da cui provenivano i colonizzatori erano società a predominanza maschile; e, come tali, le persone che hanno scritto allora sull’Africa si sono preoccupati soprattutto degli affari di uomini.
Per lungo tempo, c’è così stata una grande difficoltà nel riconoscere ed ammirare l’autonomia della donna nei confronti dell’uomo, la sovranità delle sue iniziative. La donna africana, almeno nella società pre-coloniale senegalese come in tante altre, non è stata né il riflesso dell’uomo, né una sua schiava.
Il caso della linguère Ndatté Yalla del Waalo, il sovrano più conosciuto di questa regione storica del Senegal, è appunto un esempio che testimonia di come le donne non fossero affatto escluse dalla successione al trono. Ndatté Yalla salì al trono il 1° ottobre 1846 dopo la morte della sorella, la linguère Djeumbeuth M’Bodj, ma è opportuno ricordare come alcuni studiosi abbiano rilevato come dal XIII secolo otto donne hanno presidiato successivamente al destino del regno del Waalo.
Il sistema politico di tale regno concedeva alle donne una funzione importante, dal momento che accanto al brack, nome dato al re, era designata la linguère, ruolo riservato secondo precise regole di successione ad una donna della discendenza materna del brack . Queste donne erano le guardiane del tesoro familiare e giocavano un ruolo spesso decisivo nella scelta dello stesso brack, usando spesso questa posizione strategica e d’influenza per arrivare ad un controllo assoluto del trono.
La notorietà di Ndatté Yalla è in particolare dovuta al fatto che è stata la prima sovrana in cui si è imbattuto l’esercito francese, capeggiato dal Generale Faidherbe, nei confronti della cui occupazione si ricordano ancora oggi valorosi episodi di resistenza ed opposizione.

ODIO?



Abbiamo tutti,
dentro,
scudi chiusi
in arche di granito.
Tempo e prove
riusciranno a tirarli fuori
per poi,
finalmente,
poterli buttare.

by maxtraetto (01/04/2007 - 10:07)

LEYENDA DEL CEIBO


Cuenta la leyenda que en las riberas del Paraná, vivía una indiecita fea, de rasgos toscos, llamada Anahí. Era fea, pero en las tardecitas veraniegas deleitaba a toda la gente de su tribu guaraní con sus canciones inspiradas en sus dioses y el amor a la tierra de la que eran dueños... Pero llegaron los invasores, esos valientes, atrevidos y aguerridos seres de piel blanca, que arrasaron las tribus y les arrebataron las tierras, los ídolos, y su libertad.
Anahí fue llevada cautiva junto con otros indígenas. Pasó muchos días llorando y muchas noches en vigilia, hasta que un día en que el sueño venció a su centinela, la indiecita logró escapar, pero al hacerlo, el centinela despertó, y ella, para lograr su objetivo, hundió un puñal en el pecho de su guardián, y huyó rápidamente a la selva.
El grito del moribundo carcelero, despertó a los otros españoles, que salieron en una persecución que se convirtió en cacería de la pobre Anahí, quien al rato, fue alcanzada por los conquistadores. Éstos, en venganza por la muerte del guardián, le impusieron como castigo la muerte en la hoguera.
La ataron a un árbol e iniciaron el fuego, que parecía no querer alargar sus llamas hacia la doncella indígena, que sin murmurar palabra, sufría en silencio, con su cabeza inclinada hacia un costado. Y cuando el fuego comenzó a subir, Anahí se fue convirtiendo en árbol, identificándose con la planta en un asombroso milagro.
Al siguiente amanecer, los soldados se encontraron ante el espectáculo de un hermoso árbol de verdes hojas relucientes, y flores rojas aterciopeladas, que se mostraba en todo su esplendor, como el símbolo de valentía y fortaleza ante el sufrimiento.


Avrei potuto farmela tradurre da Annalisa, così, però, mi sembra più rispettoso
Alla piccola Ananda
by maxtraetto (16/03/2007 - 23:28)

QUANDO UNA FOTOGRAFIA...


Quando una fotografia
è già poesia.
Quando una bandiera si mette in posa
come Ananda, mariposa.
Spero proprio di contribuire
a lasciare un buon mondo

Ecco il simbolo - 10 marzo 2007


Nonostante la pioggia e il freddo pungente, clima mai avuto negli ultimi mesi, siamo riusciti a radunarci in settanta per regalarci questi momenti di partecipazione.
Altre foto arriveranno.
Un abbraccio

Come un filo d'erba


Ben indirizzato, dopo averne compreso le propensioni, un bimbo a dieci anni, può già essere un grandissimo suonatore di violino o di pianoforte, le capacità di assorbimentodel suo cervello, permettono, a volte, miracoli.
Altrettanto facile è riuscire a portarlo a diventare uno spietato assassino che, con un mitra o un machete in mano, entra in un villaggio e ne massacra gli abitanti.
Lessi la testimonianza di un padre comboniano che ha destinato la propria vita, al recupero mentale e sociale, di bambini-guerriero in Africa.
Storie raccapriccianti, raccontate con la crudezza necessaria a non lasciar male interpretare le sue parole. Bambini che, inconsapevolmente vengono nutriti con la carne dei componenti il villaggio da loro, poco prima, raso al suolo, alché, una volta svelata l'origine della pietanza, il loro cuore raggiunge la durezza necessaria a diventare il motore per macchine di morte..
Blood diamond - Diamanti di sangue, un film che rappresenta ciò che ho letto sull'estrazione e commercializzazione del "coltan", minerale di cui sono abbastanza ricche le foreste del centro Africa.
Così come i diamanti, il coltan, nel ricco occidente, entra nelle case delle persone che ne "apprezzano" l'esistenza..
Utilizzato nei microcondensatori di apparecchi elettronici, sempre più piccoli e più capaci di grandi prestazioni, ha generato un mercato di un'ampiezza tale che, dal giorno alla notte, nei pressi delle fosse di estrazione, nascono villaggi dove, chi vi lavora, lascia la maggior parte di ciò che ne ricava, acquistando droga, alcol e notti di piacere. Villaggi dove HIV e altre malattie, si diffondono senza alcun controllo, tanto verranno abbandonati in breve tempo; pare che di questo materiale, dove è presente nella massima concentrazione, non ne risulta appetibile l'estrazione che per per alcuni mesi.
Da questo film sbucano queste parole:
KIA
Così come un filo d'erba
cellula dopo cellula
io, pensiero su pensiero,
azione dopo azione,
mi farò strada
in questa invisibile crepa nell'asfalto,
dalla quale,
spunterò al sole.
by maxtraetto (30/01/2007 - 19:41)

ALBE (a Silvi)



Lontano, nell'aria
un segno è tracciato.
Netto, preciso, cornice di quadro.
Frutto d'impegno
a due mani dipinto.
Ritratti due vecchi
che miran un'altr'alba.

Il tramonto,
felici lo sanno,
d'appresso è oramai.
A sostegno due figli
governano altri camini.
by maxtraetto (31/12/2006 - 13:56)

BOTTIGLIE?

Bottiglie di messaggi.
Dentro e fuori speranza
su fogli a quadretti
che il Nostro Mare culla.
Occhi al cielo e zagharid
per ognuna che torna.
Palmi sulla fronte e occhi che pure annegano
per quella che in terre aliene
non approda.


Solo oggi altri 120 solcatori non ce l'hanno fatta.
by maxtraetto (17/12/2006 - 23:33)

giovedì 22 luglio 2010

LA FILIERA NUCLEARE Tutti i veri costi del nucleare


LA FILIERA NUCLEARE
Tutti i veri costi del nucleare
Il nucleare come soluzione al riscaldamento terrestre indotto dalle attività umane?
Il nucleare come energia pulita?
Il nucleare come approvvigionamento energetico moderno e facilmente disponibile?
Il nucleare come approvvigionamento energetico a costi moderati?
Il nucleare senza ormai segreti per l’umanità?
Menzogne enormi dette senza argomentare nemmeno una delle componenti la filiera, anzi una sola viene argomentata: il grande vantaggio dato dalla tanta energia prodotta con quantità minime di carburante.

Come dato è reale ma è come se per determinare il prezzo del latte, nel computo, inserissi solamente l’atto della mungitura della mucca, senza calcolare l’allevamento del vitello; la produzione dei foraggi; le cure mediche; la costruzione delle stalle; il mantenimento dei pascoli; la pulizia degli animali e degli ambienti preposti ad ospitarli; lo smaltimento del letame e dell’urina; lo smaltimento delle carcasse e del sangue a macello avvenuto, dopo che l’animale non è più produttivamente vantaggioso e, inoltre, l’allevamento degli animali maschi che pur non producendo latte, sono di tanto in tanto, indispensabili e, per di più, nascono anche loro e anche loro vivono e muoiono.

Per funzionare, una centrale elettrica nucleare, necessita di carburante e questo è l’uranio, arricchito o no, non è che si trova in vene di roccia come per il marmo di Carrara o per il granito di Candoglia, ma è presente in piccole tracce in pietre che devono essere sgretolate, producendo scarti che comunque sono radioattivi e grande consumo di energie generate da combustibili fossili che, guarda caso, essendo lavorazioni effettuate in paesi in credito per quanto riguarda la produzione di co2, abbattono le quote di co2 dei paesi proprietari delle aziende estrattrici.

Un escamotage per rendere meno costoso lo smaltimento di questi scarti è stato quello di renderli legalmente materiali inerti; ovviamente è una presa in giro più che conosciuta dagli addetti ai lavori che però non coinvolge più di tanto l’opinione pubblica proprio a causa delle menzogne diffuse sulla loro vera natura. Quasi sempre questi materiali sono estratti laddove governi corrotti ben si prestano a questo gioco, in quanto facili e grandi guadagni vengono distribuiti ad un ristretto numero di persone nella valuta del luogo per giunta, non certamente alla popolazione che invece ne trae solo gli svantaggi dati dall’inquinamento dei terreni e delle acque dietro il quale, tra l’altro, si cela una delle più grandi motivazioni che portano alla fuga da luoghi che già sono colmi di problematiche quali ad esempio la desertificazione.

Motivazioni che portano le persone più giovani e forti a fuggire dal proprio paese che, per meglio sopravvivere, proprio di loro avrebbe bisogno, andando a rimpinzare le tasche dei moderni schiavisti che, rubandogli i pochi soldi che riescono a racimolare con grande sacrificio di tutta la famiglia li lasciano morire durante gli spostamenti nel deserto o facendoli annegare nel Mediterraneo.

Sto parlando solo dell’estrazione del pechblenda nel nord del Niger; ovviamente tutti questi costi, umani ed economici ci si guarda bene dal diffonderli e, quando nonostante tutto, emergono, li si minimizza o li si considera la giusta ammenda per tutti i benefici che portano, a noi. Prima di diventare carburante, l’uranio deve subire altri processi che vengono effettuati nei paesi proprietari della materia prima, lavorarlo sul posto permetterebbe alla nazione ospitante gli impianti di estrazione, di appropriarsi di una tecnologia che deve invece rimanere appalto delle grandi potenze, infatti, dalla scoperta del potere racchiuso nell’atomo, proprio le nazioni detentrici di questa tecnologia le fa annoverare tra le più potenti al mondo e si guardano bene dal permetterne la diffusione.
La Francia, dall’inizio del viaggio nel nucleare, in questo settore si è scavata una propria nicchia, restando per molti anni una delle tre nazioni con capacità autonome di gestirlo insieme all’ex Unione Sovietica e agli USA.
La Francia, per molti anni, ha nascosto la vera natura degli scarti generati con l’arricchimento dell’uranio, facendo credere ai francesi che si trattava di normali sassi tanto che li distribuiva anche gratuitamente a chi ne facesse richiesta per impiegarlo in riempimenti e livellamenti di terreni, propedeutici anche alla fabbricazione di stabili pubblici quali abitazioni o stadi, o per la realizzazione di piazzali per parcheggi, fino a giungere ad accumularli in discariche che una volta colme, vengono esteriormente bonificate e portate a diventare spazio verde sul quale si invitavano le famiglie a passare il proprio tempo libero attirandole con infrastrutture accattivanti quali passeggiate, tavoli, panche e barbeque.
Però, essendo questi materiali comunque radioattivi, per quanto di bassa attività, dopo anni e anni di queste pratiche, stanno sortendo i risultati negativi dati dall’accumulo di tali sostanze nell’organismo delle persone che vivono nelle vicinanze di questi luoghi. E’ vivo oggi in Francia, un movimento di persone che chiede a viva voce che: vengano chiariti i danni potenziali dati da questi materiali; vengano comunicate la vera natura dei materiali depositati nelle discariche; vengano dichiarati luoghi non agibili; vengano dichiarati luoghi a rischio e recintati per evitare che vi si possa accedere liberamente.
Tutto ciò senza nemmeno essere giunti alla produzione di energia e senza ancora aver costruito la centrale con tutte le implicazioni date dai moderni target di sicurezza ai quali bisogna attenersi con gli enormi costi che ciò comporta e senza prendere in considerazione lo smaltimento dei materiali di risulta di bassa, alta e altissima radioattività derivanti dalla produzione di elettricità. Perché se è vero che la maggior parte del materiale che viene a contatto con la filiera di produzione di energia, come attrezzature che magari sono solo potenzialmente a rischio e sono comunque da trattare con metodologie atte a togliere ogni rischio, ci sono materiali con una emività radioattiva di alcune centinaia di anni quali i materiali e i liquidi di moderazione o parti degli impianti, ci sono inoltre i residui del carburante, questo si di quantità ridotta rispetto a quella descritta sin qui, ma che prima di tornare allo stato radioattivo misurato all’atto dell’estrazione dalla miniera, necessita di centinaia di migliaia di anni.
Stanno provando a costruire depositi che forniscano la sicurezza richiesta, fallendo immancabilmente nell’intento, infatti non esiste ad oggi un deposito considerato definitivo nonostante ne abbiano già riempiti alcuni, teniamo presente che alcuni di questi depositi sono stati bloccati e uno in Germania sta all’interno di un progetto mai nemmeno preso in considerazione, di svuotamento per sopravvenute condizioni di altissimo rischio dato dal cedimento di strutture
considerate all’inizio eterne che invece si sono rivelate non più praticabili con il duplice problema di smaltire il materiale già li depositato e di bonifica del sito prima che i danni rilevati migrino verso le falde acquifere, essendo i siti colmi ormai di acque radioattive che per ora vengono concentrate pompandole nelle sezioni più profonde di quella che era una dismessa miniera di salgemma. Tale miniera era considerata sicura proprio per la sua natura, in quanto i contenitori di sostanze radioattive necessitano di luoghi asciutti che si pensava garantiti da una miniera di sale, però non si era probabilmente presa in considerazione l’intrusione dell’uomo nel sito con infrastrutture che hanno un peso sicuramente superiore a quello che era dato in origine dal salgemma stesso e nemmeno era stato considerato l’impatto delle vibrazioni date dalla fabbricazione del manufatto e dall’azione dello stoccaggio che avviene in modo automatizzato.
E’ stata presa in considerazione la stabilità politica del paese ospitante il deposito, prendendo come dato che il governo più antico sulla terra, data solo alcune centinaia di anni mentre la gestione di tali depositi deve essere garantita per migliaia di generazioni di esseri umani che stramaledirà in eterno questa nostra attuale attività criminale nei confronti del nostro pianeta?
No, non è stata presa in considerazione, o meglio, chi gestisce tutto questo adduce come scusante che negli anni a venire l’uomo riuscirà sicuramente a gestire tutto questo, nel frattempo avremo energia a disposizione per autodistruggerci con le modalità che più ci garbano togliendo risorse economiche all’attuazione di modalità di consumo energetico più compatibili con il nostro pianeta e deviando risorse economiche verso l’accentramento di produzione di energia invece che verso l’autoproduzione di piccole quantità di energia, fatto che già si sta verificando con modalità di gran lunga meno costose di pochi anni fa, ma che tolgono potere a chi vuole speculare e a chi vuole detenere il potere dato dalla produzione il larga scala di energia.
Paese
Reattori in funzione
Reattori in costruzione
Percentuale dell'energia nucleare prodotta nel 1999 rispetto al totale
Argentina
2
1
9.04
Armenia
1
0
36.36
Belgio
7
0
57.74
Brasile
1
1
1.12
Bulgaria
6
0
47.12
Canada
14
0
12.44
Cina
3
7
1.15
Corea del Sud
16
4
42.84
Finlandia
4
0
33.05
Francia
59
0
75
Germania
19
0
31.21
Giappone
53
4
36
India
11
3
2.65
Iran
0
2
0
Lituania
2
0
73.11
Messico
2
0
5.21
Paesi Bassi
1
0
4.02
Pakistan
1
1
0.12
Regno Unito
35
0
28.87
Repubblica Ceca
4
2
20.77
Romania
1
1
10.69
Russia
29
3
14.41
Slovacchia
6
2
47.02
Slovenia
1
0
37.18
Spagna
9
0
30.99
Sud Africa
2
0
7.08
Svezia
11
0
46.8
Svizzera
5
0
36.03
Ucraina
14
4
43.77
Ungheria
4
0
38.3
Usa
104
0
19.8
Fonte: Agenzia internazionale per l'energia atomica
La diminuizione drastica di costruzione di centrali nucleari verificatasi negli ultimi anni fa ben comprendere quanto non si sia veramente orientati verso questa forma di produzione di elettricità, considerando inoltre che le popolazioni ospitanti gli impianti vanno via via meglio informandosi sui reali rischi e sulla lunga vita di questi.
Cercherò qui di elencare tutto quello che deve realmente entrare nel computo dei costi considerando una consapevolezza reale delle persone coinvolte, considerando anche che nessuno nasconda alcunché e che invece di spendere pochi soldi per corrompere, si spendano quelli giusti per fare le cose per bene.
Costi per l’estrazione dell’uranio (compresi i costi di reale messa in sicurezza degli impianti e del personale operante): impianti di estrazione dalla cava; impianti di estrazione dell’u235 dalla roccia grezza; smaltimento in sicurezza dei materiali di scarto; smaltimento delle parti degli impianti sostituite per usura; smantellamento degli impianti a fine ciclo estrazione; bonifica di tutti i luoghi coinvolti nell’estrazione; bonifica di tutto ciò che viene coinvolto dagli inevitabili incidenti che normalmente intervengono in qualsiasi attività industriale ma che nel caso in questione necessità di pratiche particolarmente costose; costi sanitari dovuti a danni alle popolazioni e all’ambiente circostanti gli impianti; trasporto dei materiali presso i siti di arricchimento; elevatissimi premi assicurativi;
Costi per l’arricchimento dell’uranio (compresi i costi di reale messa in sicurezza degli impianti e del personale operante): costruzione degli impianti per l’arricchimento; messa in sicurezza degli impianti dal rischio di attacco terroristico; messa in sicurezza dal rischio errore umano con corsi di preparazione aggiornati alle ultimissime conoscenze; smaltimento degli scarti risultanti da tale attività; bonifica di tutto ciò che viene coinvolto dagli inevitabili incidenti che normalmente intervengono in qualsiasi attività industriale ma che nel caso in questione necessità di pratiche particolarmente costose; costi sanitari dovuti a danni alle popolazioni e all’ambiente circostanti gli impianti; smantellamento degli impianti a causa della programmata obsolescenza degli stessi; bonifica del sito che ha ospitato gli impianti; elevatissimi premi assicurativi.
Costi per la centrale produttrice di energia: costruzione dell’impianto; messa in sicurezza degli impianti dal rischio di attacco terroristico; messa in sicurezza dal rischio errore umano con corsi di preparazione aggiornati alle ultimissime conoscenze; sufficiente disponibilità di acqua quale moderatrice del continuo elevarsi della temperatura del nocciolo considerando che l’elevarsi della temperatura terrestre, nei prossimi anni diminuirà la portata d’acqua di fiumi e laghi; nel caso di captazione di acqua marina, bisogna considerare i costi degli additivi antiossidanti che nel caso di acqua salata, devono essere usati in grande quantità con l’aggiunta dei costi di filtraggio e smaltimento dei fanghi residui e dei filtri stessi; costi ambientali dovuti all’inevitabile innalzamento della temperatura dell’acqua durante la fase di restituzione della stessa nell’ambiente con le inevitabili implicazioni di ciò a carico dell’ecosistema; smaltimento di tutto quello che non più utile alla produzione di energia , deve essere stoccato con le modalità precise per ogni categoria dei materiali; smaltimento dei fanghi risultanti dalle varie attività di filtraggio; smaltimento dei filtri; smantellamento degli impianti a causa della programmata obsolescenza degli stessi; bonifica del sito che ha ospitato gli impianti; bonifica di tutto ciò che viene coinvolto dagli inevitabili incidenti che normalmente intervengono in qualsiasi attività industriale ma che nel caso in questione necessità di pratiche particolarmente costose; costi sanitari dovuti a danni alle popolazioni e all’ambiente circostanti gli impianti; elevatissimi premi assicurativi.
Costi per le generazioni future: smaltimento di tutto quello che stiamo generando; smantellamento degli impianti; costi sanitari dovuti a danni alle popolazioni e all’ambiente circostanti gli impianti; elevatissimi premi assicurativi; costi psicologici dati dallo spreco di energie che i futuri abitanti della Terra utilizzeranno per maledire noi.