venerdì 11 ottobre 2013

Appoggiato ad un bastone

Ho letto:
Ma perché solo i paesi così detti CIVILI...si devono sempre calare le braghe...il reato di clandestinità esiste in tutto il mondo!!! ! noi dobbiamo essere un'eccezione??? Spiegatemi il perché per favore...

Secondo me, laddove per giungere clandestinamente in un paese, basta percorrere a piedi il punto di confine, è giusto regolamentare questo movimento appunto per la semplicità d'agire e anche in quanto più semplice porre dei punti di controllo. Se per entrare nel paese in questione, invece di percorrere una normale strada con un normale posto di controllo, passi attraverso campagne e sentieri secondari, sai che stai compiendo un illecito quindi, sai di sottoporti al giudizio di chi gestisce le regole del paese in cui vuoi entrare.
Per quanto riguarda l'Italia, di clandestini che cercano di entrare attraverso le Alpi ce ne sono talmente pochi che non sarebbero nemmeno un problema da regolamentare in modo particolare.

Ragazzi che vivono guardando i propri animali, in mezzo ad una savana, con un piede poggiato sul ginocchio dell'altra gambe, sostenuti da un bastone al quale stanno praticamente appesi con entrambe le mani; che vedono lo scheletro degli animali che custodiscono a causa del poco nutrimento e della disidratazione dovuta all'inquinamento della poca acqua a disposizione. Inquinamento dovuto dallo sfruttamento di miniere perpetrato da occidentali senza scrupoli che nel proprio paese quelle stesse metodologie di estrazione, per quanto ben remunerative, non le adotterebbero nemmeno se costretti perché consci del danno che arrecherebbero. 

- In Europa cercano ragazzi volenterosi come te, che ci stai a fare qua, se riesci a procurarti duemila dollari ti ci porto io. Disse un tizio che si era fermato con un fuoristrada, un attimo, il tempo di rinfrescarsi un po’.
- Ma io dove li prendo duemila dollari, per me sono troppi.
- Ma che ne sai! Gli europei per venire in vacanza qua spendono più di quattromila euro, io con la metà dei soldi ti faccio fare lo stesso viaggio.
Quel ragazzo, a questo punto, torna al villaggio e racconta che un uomo gli offre l’opportunità di andare in Europa e che se lo fa veramente, una volta giunto là, guadagnerà soldi abbastanza da mandare a casa, tanto senza molte pretese è comunque la sua vita, quindi, riuscirà a risparmiare molto.
L’intero clan, se non tutto il villaggio, racimola il denaro necessario.
Il ragazzo parte, cominciando il viaggio nel cassone di un camion che, dando le spalle al villaggio, si infila perpendicolarmente nel deserto. Durante il viaggio che gli è stato detto durerà poche ore,  raggiungerà la tale oasi dove potranno sistemarsi meglio.
Le ore passano e l’oasi nemmeno si avvista, qualcuno dei passeggeri comincia ad indispettirsi, l’arsura e la sete non favoriscono in tutti la calma, vien chiesta una sosta. Durante la fermata alcuni passeggeri discutono con l’autista e con il suo compare. La discussione si fa rissa, esce una pistola da una tasca e parte un colpo. Silenzio.
L’autista urla: E adesso non mi rompete più il cazzo altrimenti vi lascio tutti qua, salite in quel cazzo di cassone che ce ne andiamo.
Il ragazzo sale sul camion e, seduto sulla sponda, guarda indietro, l’orrore di quel corpo sporco di sabbia rossa, che ancora muove spasmodicamente un piede non è sufficiente a fargli pensare di ripercorrere a ritroso, e a piedi, le ore e ore di strada percorse a bordo dell’autocarro.
- Però, veramente ha esagerato ad incazzarsi così con l’autista. Pensa
Ancora ore di camion e l’acqua che qualcuno si è portata appresso sta finendo, se si pensa che molti nemmeno se la sono portata, il problema diventa veramente grandicello; poca acqua, tante persone, troppo caldo.
Uno batte forte le mani sulla cabina del camion con l’evidente intenzione di farsi notare dall’autista, il ragazzo che sta seduto nel cassone vicino a lui ha la bava alla bocca e degli occhi si vede solamente il bianco.
Il camion si ferma, l’autista, con una grossa chiave ricurva già in mano e con un atteggiamento che poco sembra pacifico comincia ad urlare, il ragazzo che batteva sulla cabina urla qualcosa.
L’autista continua ad urlare e dice a chi l’ha chiamato di scendere insieme a quello che sta male.
Scendono.
L’autista risale e riparte, nemmeno aveva spento il motore, il ragazzo sceso si aggrappa allo sportello e il compare dell’autista gli schiaccia, contorcendosi sul sedile, le dita che lo tengono attaccato all’unico mezzo che lo può portare fuori dal deserto.
- Non ti preoccupare, tra poco passa un camion più vuoto. Grida l’autista.
Il ragazzo seduto sulla sponda si gira nuovamente per guardare i due rimasti a terra, quello che sta male disteso a terra, quell’altro piegato, con le mani sulle ginocchia e con un evidente fiatone, ha lo sguardo puntato sui propri piedi, rassegnato.
Il ragazzo giungerà sulla riva del mare dove deve prendere la nave che lo porterà in Europa.
La nave non c’è, nemmeno riesce a vedere dove potrebbe attaccare, mai ne ha vista una dal vero me gli riesce impossibile immaginare che possa attraccare direttamente sulla spiaggia.
Cerca di dissipare questi dubbi domandando al compare dell’autista, che nel frattempo è scomparso, chiedendogli quando arriva la nave e come farà a salire a bordo.
- La nave arriva tra qualche giorno e si salirà a bordo raggiungendola con delle barche.
- Ma come qualche giorno? E nel frattempo che faccio? Dove vado a dormire e a mangiare?
- E che ne so io. Risponde l’altro. Sono cazzi tuoi. Insiste.
Ha cento dollari in tasca, nel suo villaggio l’intero capitale annuale di un’intera famiglia, quindi, sicuramente, qualche giorno lo riesce a scampare. Pensa.
Entra in un locale per mangiare una pietanza locale e per bere una bibita gassata. Quindici Euro gli chiedono.
- E in dollari?
- Uguale! Vabbè dammene tredici.
Rimangono ottantasette dollari. Pensa.Praticamente, mi sono mangiato, in un solo scarso pasto,  un mese del denaro che un’intera famiglia, al suo villaggio, ha a disposizione.
Arriva la nave, alcune barche si avvicinano alla riva, i rematori saltano in acqua e si avvicinavano alle persone in attesa dell’imbarco.
Il ragazzo sale su un barca.
- Dieci euro. Dice il rematore.
- Ma io il viaggio già l’ho pagato!
- A me nessuno ha dato niente. Risponde il rematore.
Il ragazzo scuce un altro mese di denaro che al suo villaggio un’intera famiglia ha a disposizione.
Si accostano ad una scaletta posta di traverso sul fianco della nave, le barche giunte dalla spiaggia, in una tumultuosa processione si alternano per far salire i propri passeggeri mentre chi, della nave, sta sulla scala per regolare gli imbarchi, butta a mare una persona ogni due o tre.
Il ragazzo cerca di capire, domandandolo al proprio rematore, cosa sta succedendo.
- Sicuramente non hanno i soldi per il viaggio. Risponde.
Rincuorato che non potrà succedere a lui la medesima cosa, comunque preso da un avvilimento sempre maggiore, vede le persone in acqua nuotare verso la riva, maldestramente, trascinando i pochi bagagli che vorrebbero affondare.
Finalmente tocca a lui.
Sale sulla scaletta e l’uomo che vi sta sopra tende una mano mentre con l’altra fa il gesto che internazionalmente vuol dire:
- Caccia i soldi.
Il ragazzo dice che sta tutto a posto, lui, il viaggio, già l’ha pagato a quello del camion.
- OK! Dice il tipo. Qua abbiamo un altro furbo.
- No! Ma quale furbo! Io il viaggio l’ho già pagato.
- Ragazzo tu hai pagato per un passaggio su un camion, ti sembra un camion questo. Dice incazzato indicando la nave. O scendi da te o ti butto a mare io.
Il ragazzo risale sulla barca.
Il rematore, allungando la mano dice: - Dieci dollari.
Rassegnato capisce l’antifona e pensando al denaro di tre mesi che una famiglia, al suo villaggio, ha a disposizione, lui li ha spesi in due giorni, l’intera vita gli passa davanti agli occhi, come a chi sta annegando o comunque sta vivendo gli ultimi istanti della propria vita.
Il suo piede destro appoggiato al ginocchio sinistro. L’ombra di una sfogliata acacia. Appeso con entrambe le mani ad un bastone un po’ più alto di lui.
Giunge a terra e pensa ai sessantatre dollari che gli sono rimasti e cerca di fare un calcolo di quanti giorni potrà mangiare. Pochi.
Entra in un bar e chiede a uno che ha proprio l’aspetto di un traghettatore del deserto, camionista, se sa quanto costa il viaggio in nave.
- Mille dollari, conosco uno che organizza questi viaggi, hai i soldi.
Il ragazzo si gira mentre il tipo butta la mano indietro sopra la testa dicendo:- Ma va! Va!
Va dal barista e pronunciando il nome del proprio villaggio chiede se sa quanto tempo ci vuole per raggiungerlo.
- A piedi. Dice il barista ridendo e guardando con tono di sufficienza il collega dietro al banco.
- Si, a piedi, sono un buon camminatore, io.
- Un mese. Un mese e mezzo se conservi per tutto il viaggio la forma fisica che hai in questo momento, altrimenti, se questa forma non la conservi, dipende da quanto resisti e comunque, non penso che riesci a raggiungerlo. Continua prendendo un’espressione sinceramente seria.
- E se lo faccio con un camion quanto mi costa il viaggio?
- Quanti soldi hai? Domanda il camionista al quale aveva chiesto informazioni.
- Nove mesi di denaro che un’intera famiglia, al suo villaggio, ha a disposizione. Risponde rassegnato il ragazzo.

lunedì 7 ottobre 2013

Un polentone a Minturno


Non era la prima volta che entrava nella stazione di Milano, era la prima che lo faceva da solo; riempiendola con tutta la famiglia o con qualche suo componente, si rimpiccioliva. Solo, si sentiva piccolo, le volte di vetro e acciaio erano per lui appena un poco più basse del cielo, lontano, gli archi si aprivano sull’infinito come se stesse guardando da dentro un’astronave con i portelloni aperti.
Il treno lo avrebbe portato giù, raggiungeva luoghi da dove provenivano tanti suoi compagni di scuola e dove andavano ogni estate, tornando a riempire le ottobrine aule con abbronzature che a Gravellona era quasi impossibile raggiungere.
Doveva andare  dal padre da poco trasferito: traversie familiari lo allontanarono; il lavoro lì lo aveva accolto. Dopo alcuni mesi l’intera famiglia seguì la strada tracciata dal quindicenne radunandosi nuovamente, anche se per pochi anni ancora, le traversie ritrovarono il passato vigore disperdendo nuovamente i vari appartenenti, anche nei sui componenti più piccoli nel frattempo cresciuti.
Minturno? boh! dove sarà mai?
Gli dissero: - E’ vicino a Gaeta.
Vabbè! Ma Gaeta dov’è?

Si,  sul mare, questo lo sapeva, la metteva sempre tra le Repubbliche Marinare salvo accorgersi poi che il conto arrivava a cinque, portandolo a nominarle nuovamente nella memoria e, dopo averle abbinate ai relativi stemmi, Gaeta rimaneva esclusa.
I suoi quindici anni avevano visto il mare solamente a Iesolo, con la nonna Afrodite e a Genova dove il padre doveva farsi visitare da un oculista l’occhio che più non aveva a causa di un maldestro affaccendarsi, aveva, di questo, il rosso ricordo di un bimbo di due anni.
Ore di treno e giunge a Roma; la città visitata in precedenza per andare a trovare zii paterni già era molto lontana da Gravellona ma il viaggio ancora non terminava, anche in quell’occasione vide il mare, a Ladispoli.
- Devi scendere a Formia, a Minturno non ferma. Gli fu detto
A Formia giunse che da poco le rotaie lo fecero avvicinare al mare come se tutti i settecento chilometri li avesse percorsi perpendicolarmente ad esso e non lungo la stivalesca costa.
Il padre era là ad aspettarlo, con una vecchia Mini bordeaux, da lì raggiunsero un mini appartamento sul retro di un albergo allora abbastanza malridotto, in una località ove oltre già non è più Lazio. Oggi, quell’albergo, non assomiglia più a quei ricordi, e vi giunge dopo una quindicina di chilometri percorsi con bocca e occhi spalancati dallo stupore dato dalla bellezza dei luoghi. Da allora cominciò a capire che bisogna apprezzare i propri luoghi anche se appartengono alla normalità.
Davanti all’albergo l’Appia, e dall’altra parte, ruderi che non comprese fino a che non li mise in relazione con ciò che gli avevano raccontato i sussidiari e i libri di storia. Un anfiteatro romano, praticamente intero, vero, circondato da un parco archeologico, vero; una piccola Pompei, vera.
Quel quindicenne, crescendo, girò non poco; la sosta più lunga a Cellole, una dozzina di chilometri più a sud.
Per arrivarci bisogna attraversare un ponte, dal quale, affacciandosi, se ne scorge un altro, borbonico, allora se ne potevano scorgere solo le colonne che sostenevano le catene che tenevano sospesa la parte percorribile, oggi anche questa ricostruita, non utilizzata per il traffico normale ma vero. Entrambi scavalcano un confine dalle molteplici peculiarità; confine tra de comuni, due province e due regioni nonché tra Italia del nord e Italia del sud e, durante la seconda guerra,  confine tra occupanti e liberatori, prendeva il nome di Gustav ma che in realtà già si chiamava Garigliano.
Quel ragazzo ora vive a Minturno con la moglie e due figli da vent’anni e più, vi giunse per una scelta fatta con la compagna. Proprio lì volevano far crescere i figli, a due passi dal mare, a due passi dai monti e lì i figli sono cresciuti, in piazza dell’Annunziata, dove le ringhiere ancora portano i segni della guerra ma dove in pace si sono fatti grandi giocando.
Più sopra c’è Traetto, la parte medioevale del paese; più sotto c’è Minturnae, la parte due volte millenaria.
Minturno, duemila anni di pensieri e fatti hanno accolto quel quindicenne e che gli hanno dato terra per radici che di anni ne hanno cinquanta e più ormai.

I figli, nel parlare,  hanno la cadenza di Minturno ma una propria ne stanno cercando. Stanno cercando la loro Minturno e questo, grazie a Minturno, che si versa sul mare, che si apre al mondo.

giovedì 19 settembre 2013

Un Indovino ci disse - il film - comunicato stampa

Serata di raccolta fondi per sostenere la produzione del film
tratto da Un indovino mi disse di Tiziano Terzani
Minturno (LT)
Sala Consiliare (Casa Comunale di Minturno)
mercoledì 25 settembre 2013
ore 21.00


Il programma della serata prevede proiezioni di filmati, tra cui parti di Anam il senzanome e Anam Atto II, letture di brani tratti dai libri di Terzani e musica suonata dal vivo.
L'idea è quella di ripercorrere insieme la vita di Terzani e, in particolare, il viaggio nel cuore dell'Asia, raccontato in Un indovino mi disse, un viaggio che, per lo scrittore, è stato tappa fondamentale di un percorso di trasformazione da corrispondente di guerra a uomo di pace.
Nel corso della serata il regista Mario Zanot presenterà il progetto del film tratto da Un indovino mi disse.
Sarà un viaggio virtuale laddove la vita di Terzani si è intersecata con i più importanti avvenimenti internazionali della seconda metà del ventesimo secolo fino all’inizio del ventunesimo. Un intresecarsi dovuto, si dal mestiere svolto dal nostro autore che da cronista spediva gli articoli al giornale tedesco per cui lavorava, "Spiegel", ma anche da un suo voler comprendere l'uomo fuori e, soprattutto, dentro.
Gli intermezzi musicali saranno eseguiti dalle Facce Toste (voce, chitarra e flauto), le letture a cura degli Amici del Libro Biblioteca “Luigi Raus” e dell'Associazione i Presìdi del Libro.
La serata sarà arricchita da una mostra fotografica tra nuove e vecchie immagini di Minturno e frazioni, curata da Amedeo Russo del Comitato Premio Dragut Minturno. Verranno inoltre esposte fotografie di Simone Palladino, opere di Elisa Jane Pedagna e di Giovanni Colangelo e oggetti realizzati in legno d'ulivo dal Cucchiarellaio Matto.
All'evento parteciperanno anche Emergency Formia e Amnesty International Formia.
Ingresso libero con possibilità di donazione a sostegno del progetto.
L'iniziativa gode del patrocinio del Comune di Minturno.
Il progetto cinematografico in generale
A fine dicembre è stata lanciata sul web la campagna di raccolta fondi per realizzare un film da quello che è forse il libro più amato di Tiziano Terzani: Un indovino mi disse.
L'idea è del regista milanese Mario Zanot, documentarista e visual effects supervisor, che ha collaborato, tra gli altri, con Giuseppe Tornatore e Nanni Moretti.
Zanot incontra Terzani nel 2004 per girare Anam il senzanome, l'ultima intervista rilasciata dal giornalista-scrittore, poco prima della sua scomparsa.
Sono passati nove anni da allora e si sente ancora forte la mancanza del suo messaggio di amore per la vita e di ripudio della violenza.
Il film Un indovino mi disse ripercorrerà il viaggio di Terzani alla scoperta del cuore magico dell'Asia, un viaggio che il giornalista fece nel 1993, spostandosi senza mai prendere aerei.
All'apice della sua carriera infatti, in crisi umana e professionale, per cercare di salvarsi dalla depressione, Terzani si aggrappa alla profezia di un vecchio indovino di Hong Kong: ricordati, nel 1993 non devi volare, perché corri un gran rischio di morire. Quella maledizione si trasforma per lui in una benedizione, un’occasione per reinventarsi la vita.
In bicicletta, nave, pullman, a piedi, Terzani parte verso l’Asia più misteriosa per un reportage sugli indovini, che gli farà incontrare personaggi picareschi, eroici, tragici. In quello stesso anno,  l'elicottero sul quale sarebbe dovuto salire cade. Un caso? Al di là della sua veridicità, la profezia lo aiuta a trovare una nuova dimensione umana e spirituale.
Un indovino mi disse sarà girato tra Vietnam, Laos, Cambogia, Birmania e Thailandia.
La sceneggiatura - a cui ha collaborato anche Angela Staude Terzani - è già pronta e alcuni partner stranieri hanno mostrato vivo interesse per il progetto. In Italia, dopo il rifiuto dei grandi produttori,  il regista Mario Zanot, convinto che il ricordo e il messaggio di Terzani siano vivi ancora oggi, ha deciso di rivolgersi direttamente al pubblico per finanziare, almeno in parte, questo progetto.
È stata proprio questa scelta ad attirare l'attenzione di una casa di produzione emergente - Lion Pictures International - che ha presentato questo progetto cinematografico all'ultimo Festival di Cannes, in cerca di co-produttori.
Andando su www.unindovinocidisse.it è possibile dare il proprio contributo alla realizzazione del film, versando pochi euro ma anche cifre più alte. In cambio si ha diritto a una ricompensa.
Ad esempio chi sceglie di versare 50 euro vedrà il proprio nome nei titoli di coda del film, donando 100 euro si potrà ricevere a casa, su card usb, il film Anam il senzanome Atto II, le immagini inedite ed esclusive dell'ultima intervista a Tiziano Terzani, dando un contributo superiore ai 150 euro si avrà diritto inoltre a una copia della sceneggiatura, autografata dal regista e dagli attori.
Per promuovere il progetto sono in programma iniziative in tutta Italia, durante le quali ripercorrere insieme la vita di Terzani, corrispondente di guerra, viaggiatore e uomo di pace.
I soldi donati dagli utenti del web e quelli raccolti durante questi eventi andranno ad affiancarsi al finanziamento della Lion Pictures International e a quello dei partners stranieri, per coprire il budget complessivo del film che si aggira intorno al milione e mezzo di euro. L'obiettivo è quello di uscire nelle sale nel 2014, in occasione del decennale della morte di Terzani.
Una parte degli incassi del film verrà devoluta a Emergency, per l’ospedale di Lashkar-gah in Afghanistan, intitolato a Tiziano Terzani. Si tratta di un centro chirurgico in cui il 60% dei pazienti ricoverati è curato per ferite di guerra causate da bombe, mine antiuomo e pallottole e dove un terzo dei pazienti ha meno di 14 anni.
In ogni caso, se la cifra raccolta attraverso il finanziamento popolare non dovesse essere sufficiente a garantire la produzione del film, l’intero importo, tolte le spese documentate, verrà devoluto ad Emergency. 
Informazioni utili:
www.unindovinocidisse.it
imieisolchi.blogspot.com
maxtraetto@gmail.com


mercoledì 11 settembre 2013

CHIAMATA ALLE ARTI - the news # 2

Chiostro - Minturno
Il Comune di Minturno, sposando da subito l'iniziativa, ospita la manifestazione, che avrà inizio alle ore 21,00, presso la propria Sala Consiliare dando, tra l'altro, la possibilità di utilizzare il chiostro per l'esposizione di opere di artisti che hanno risposto alla  "Chiamata alle Arti" e che si potranno osservare già dal pomeriggio.
Alcuni componenti dell'Associazione "Amici del Libro -Biblioteca L. Raus" leggeranno brani dai libri di Tiziano Terzani, intervallati da performances musicali del duo "Le Facce Toste" composto da Lorenzo Fusco e Marcello Serra. Nel corso della serata, il regista Mario Zanot illustrerà il progetto volto alla raccolta fondi da destinare alla produzione del film tratto dal libro "Un indovino mi disse" di Tiziano Terzani e ci mostrerà alcuni video che raccontano la vita dell'autore.
Sarà un viaggio virtuale laddove la vita di Terzani si è intersecata con i più importanti avvenimenti internazionali della seconda metà del ventesimo secolo. Un intresecarsi dovuto, si dal mestiere svolto dal nostro autore che da cronista spediva gli articoli al giornale tedesco per cui lavorava, "Spiegel", ma anche da un suo voler comprendere l'uomo fuori e, soprattutto, dentro.


Dopo la serata, presso la struttura "Rio Conca" sede dell'Associazione Culturale "Umanamente", sarà possibile gustare qualche pietanza accompagnata da taglieri di salumi e formaggi innaffiati da vino locale al modico prezzo di 12 Euro a persona e sarà possibile pernottare chiamando, per informazioni su costi e disponibilità, al numero 3398268585.
L'Associazione "Umanamente" ha collaborato all'organizzazione fornendo aiuto logistico e umano nonché il video-proiettore indispensabile per la buona riuscita della manifestazione stessa.

mercoledì 4 settembre 2013

lunedì 26 agosto 2013

CHIAMATA ALLE ARTI - the news # 1



Alla Manifestazione
 CHIAMATA ALLE ARTI 
del 25 settembre 2013 saranno presenti

Emergency Formia

Amnesty International Formia

Comitato Un indovino ci disse - Il film

Comitato Premio Dragut Minturno con una mostra fotografica tra nuove e vecchie immagini di Minturno e frazioni

Amici del Libro "Luigi Raus" - Minturno con lettura di brani tratti dai libri di Tiziano Terzani

Le Facce Toste con i loro intermezzi musicali (flauto, chitarra, voce)

Elisa Jane Pedagna e Giovanni Colangelo con l'esposizione di alcune loro opere

Simone Palladino con l'esposizione di fotografie

Il cucchiarellaio matto con esposizione di oggetti realizzati in legno d'olivo "Cucchetta e forchiaio"

Associazione "Umanamente" con l'utilizzo del video-proiettore

Seguiteci per ulteriori aggiornamenti


martedì 13 agosto 2013

IL LUNGOMARISTA - 2

(Prima parte)
Un lungomarista può essere dotato anche di scooter o di motocicletta, a volte, anche di qualche mezzo spinto dall’elettricità, biciclette o monopattini motorizzati che siano, ma andiamo con ordine.
Il lungomarista scooterato sta seduto sul sellino tutto girato da un lato, in pratica con entrambe le gambe a destra o a sinista e deve continuamente tentare di mettere il dueruote su una soltanto, quindi procede a balzi piegando e tendendo continuamente le braccia a differenza del più sfortunato motociclista, non potendosi girare a piacimento cede alla tentazione di non stare diritto girandosi solo di tre quarti. Può girarsi solo in parte, infatti, la mano destra deve obbligatoriamente stringere la manopola dell’acceleratore pena lo stallo, quindi, la perdita dell’effetto giroscopico delle ruote lo farebbe cadere senza nemmeno comprendere qual è la legge fisica che ne conserva la posizione ritta. Il motociclista lungomarista non indossa il casco, al massimo lo tiene seminfilato sulla sommità del capo, il braccio destro piegato a novanta gradi permette al pugno chiuso di poggiare sul ginocchio del medesimo lato dandogli la postura che ben fa comprendere la sua grande abilità di centauro, la stessa abilità che rimpingua di accise le casse dello Stato ogni qualvolta deve ripartire quando, abbassando completamente il polso, accelera al massimo consentito. Il fragoroso motore ha solo come scopo secondario quello cinetico, il principale, infatti, è quello sonoro o meglio, rumoroso, spesso, per giungere in modo eccelso alla maestria dello spaccatimpani, così come il lungomarista automobilista, dota il proprio mezzo di un impianto stereofonico dal quale far uscire i propri gusti in fatto musicale, purtroppo, mai si avvede di come, chi non è sul veicolo, sente solo la parte ritmica e nelle frequenze più basse, un bum! bum! continuo che elimina completamente l’effetto Doppler che per il lungomarista, al massimo, può essere il nome di un calciatore tedesco poco noto.
Poi ci sono i figli piccoli dei lungomaristi che vanno sui mezzi elettrici citati prima. Vabbè! le biciclette elettriche fanno quello che possono fare e ancora non si è notato un utilizzo diverso da quello che può essere adottato da un mezzo che ausilia la pedalata con la leggera spinta data dall’elettricità. Diverso è per i monopattini sui quali, pur non andando a velocità superiori ai tre o quattro chilometri orari, la postura da adottare è quella più aerodinamica possibile, cioè quella che si assume stando con la testa al di sotto delle manopole per sfrecciare, ovviamente, in mezzo alla strada noncuranti di chi li segue e precede. Poi ci sino gli scooter elettrici, dall’aspetto e dimensione identici a motorini con il motore a scoppio, magari delle categorie più piccole, ma in tutto e per tutto simili a normali scooter, utilizzati da nonni e nonne e da fanciulli dall’età rigorosamente al di sotto degli otto anni.
Bisogna sperare assolutamente di non far incidenti con questi ultimi, oltre che per non aumentare il numero delle scorticature già presenti su ogni parte del loro corpo, soprattutto per evitare linciaggi da parte dei parenti lungomaristi di lungo corso, sempre acquattati dietro angoli e auto in sosta; come gli zombi nei film d’orrore, assenti quasi sempre ma sbucanti ovunque come si vuole scappare verso una salvifica automobile senza sapere che, nella produzione di dette pellicole, l’attrezzista dota le auto con chiavi dell’accensione grandi il doppio della fessura della serratura
Ecco, dicevo, cosa succede ogni qualvolta si fa un incidente del tipo sopradescritto: il bimbo viene prontamente buttato, senza tanti riguardi, sulle pedonali più vicine, mentre lo scooter viene inforcato da un membro adolescente, autorizzato legalmente alla guida, del clan; mamme, zie e nonne cominciano, dividendosi in parti uguali tra il bimbo sulle pedonali e quello sullo scooter che recita come un attore consumato, la parte di quello schiacciato dall’auto. Praticamente, senza saperlo, si era urtato il bimbo sulle pedonali e, nell’intendo comunque attivato di evitare di colpirlo, si era anche buttato all’aria quello del motorino. Nella bagarre ci si ricorda perfettamente che si stava in sosta ad attendere la moglie scesa a prendere le sigarette, ma la scena è così ben congegnata e recitata che si comincia a chiedere scusa a chiunque passi e a chiedere al proprio santo protettore cosa fare per espiare la colpa di tali misfatti.
Agli esemplari più giovani di lungomarista viene insegnato un metodo alternativo di procurare il cibo necessario al sostentamento della tribù. Oltre che di telline e cozze, cozze, per conservare il titolo faticosamente guadagnato, si deve nutrire di granchi e polpi. Per catturare i primi, i ragazzini si scorticano e illividiscono stinchi e gomiti, saltabeccando tra i massi dei moli muniti di un retino simile a quelli acchiappa farfalle mentre, per catturare i polipi, vengono approntate all’uopo, numerose canne di bambù, vengono cioè munite di una piccola retina legata ad una estremità nella quale imprigionare dell’esca dalla quale il polpo dovrebbe essere attirato tanto da attorcigliacisi intorno, le più sofisticate sono dotate anche di un cappio fatto con la lenza da pesca da stringere sul malcapitato polpo.


Una buona famiglia di lungomaristi la si riconosce anche da come si occupa degli asciugamani degli altri bagnanti. Solitamente, anche con la spiaggia scarsamente occupata, infila l’ombrellone ad un metro da chi già stà in spiaggia, poi, nel posare a terra il proprio armamentario, sale con i piedi e con la sabbia da questi spostata, sull’altrui asciugamano. Chiedendo gentilmente scusa, nel momento che il bagnante infastidito si alza, ne solleva l’asciugamano e scuotendolo nell’intento di pulirlo, butta la sabbia dappertutto, anche sulle ciambelle date ai bimbi per farli stare calmi dopo le ore di fila passate in auto per giungere a fruire dell’agognato bagno. Nel distenderlo nuovamente a terra, mentre il vicino si libera della sabbia arrivatagli addosso, lo posa tre metri più lontano: - Così non le diamo più fastidio. È la giusta scusa. Ovviamente dà una mano a spostare anche borse e ciabatte e, chinato nell’atto di raccogliere, guarda la moglie da sotto le ascelle e con ammiccamenti uguali a codici, indica dove posare la sua di roba, proprio laddove prima stava ciò che di necessario si è portato chi già stava in loco. Con le spalle al mare, guardando la spiaggia ecco come si presentano il nonlungomarista e il lungomarista: il primo con ogni componente il gruppo sul proprio asciugamano che è attaccato a quello dei propri familiari, borse e giochi anch’essi sugli asciugamano vicino ai piedi, le altre poche cose appese diligentemente dal nonlungomarista, alle bacchette dell’ombrellone; il secondo con la sdraio della nonna attaccata al vicino di spiaggia, due metri più in là, la mamma ascolta la radio a volume altissimo, due metri più in là ancora, il padre sta preparando la canna da pesca da usare assolutamente sul bagnasciuga antistante la postazione, altri due metri più in là una piscinetta gonfiabile ospita il più piccolo esemplare, a fianco i bimbi appena più grandi fanno piangere quello nella piscinetta buttandoci dentro la sabbia, nella piscinetta ovviamente. Gli esemplari adolescenti si dividono in due gruppi, uno dove gli esemplari maschi sollevano  le femmine per buttarle gratuitamente a mare prima che si siano spogliate; gli altri si divertono a tirare pallonate all’unico che sta in acqua fingendo di tuffarsi come un esperto portiere di calcio con una porta larga settanta metri e alta venti; immancabilmente, la difficoltà di controllare le traiettorie dei supersantos, li porta a colpire chi in acqua sta e nulla vuole avere a che fare con le performances calcistiche oppure, e lì si riconosce un altro lungomarista, salta dall’acqua con l’intento di calciare l’arrivante pallone, mancandolo clamorosamente, ovviamente, il rallentamento dato dell’essere immerso in un liquido, non è stato assolutamente contemplato, quindi quando sta effettuando il salto, il pallone già è passato oltre andando a colpire un doppiamente sfortunato nonlungomarista.

giovedì 8 agosto 2013

IL LUNGOMARISTA

Descrizione di una figura immaginaria.
Un lungomarista degno di questo nome comincia la propria giornata la sera quando se ne va dalla spiaggia, il primo giorno di ferie dopo esser giunto nella località eletta a residenza estiva.
Non comincia la mattina vi chiederete?
No, secondo me prima di diventare un vero lungomarista, deve lasciare l’ombrellone piantato e chiuso, sul bagnasciuga della spiaggia libera dove avrà intenzione di lacerare i timpani dei bagnanti, per segnare, come ogni buon maschio alpha, il proprio territorio. Quel territorio, di buon mattino, verrà anzitempo occupato cominciando con il più vecchio degli esemplari che, vuoi per il caldo, vuoi per gli anticipati risvegli mattutini caratteristici, appunto, degli esemplari più anziani, scende a rimestare sul fondo del mare in punti dove si può stare comodamente seduti, nell’atto della raccolta delle telline, gustosi piccoli molluschi particolarmente adatti per la preparazione di abbondanti spaghettate. Il maschio alpha si dedicherà più tardi al procacciamento dei molluschi da cucinare in abbondantissime soutè. Le cozze, raccolte tra i grossi massi utilizzati per realizzare barriere frangiflutti, sono stupidamente lasciate vivere la propria vita dagli abitanti autoctoni, costoro non si rendono conto che proprio il loro abbondare davanti a canali di scarico li rende più grossi e saporiti.
Al momento di lasciare la spiaggia, il buon lungomarista, dopo aver radunato i due o tre quintali di masserizie sempre utili quando si va al mare, infila la testa nella piccola piscina gonfiabile utilizzata dagli esemplari più giovani; a volte invece, si può trattare di mini-gommoni; in una mano impugna una sedia sdraio e nell’altra la borsa con i giochi per i bimbi e le chiavi dell’automobile, la quale è assolutamente indispensabile per chi si vuole fregiare del titolo di lungomarista.

Il maschio alpha nell’atto di abbandonare la spiaggia, lo si riconosce dal resto del branco soprattutto dallo sguardo perso nel vuoto, infatti, nel dimostrare tutta la sua potenza, raramente utilizza calzature di sorta e, causa i trecento gradi dell’asfalto, deve concentrare le sue forze per non mostrare debolezze lamentandosi dell’ardere delle piante dei piedi. Costui conduce l’attraversamento con un percorso in diagonale di circa 100 metri laddove la strada è larga 6.
La compagna e la madre della compagna, raramente si distinguono tra loro, entrambe con ventri prominenti, inclinate all’indietro per compensare lo squilibrio dato dal buzzo, vestono abiti drammaticamente succinti, denominati bikini, coperti da veli annodati su una spalla ma praticamente completamente aperti sul davanti. L’esemplare più vecchio delle femmine a volte lo si può riconoscere perché, non portando pesi, può gaiamente dimenare davanti al volto ventagli raffiguranti santi e madonne.
Gli esemplari femmina più piccoli trascinano teli asciugamano a terra o, tuttalpiù piccoli cani che dimenandosi cercano di far comprendere il proprio disappunto nel fatto che nessuno si accorge del guinzaglio attorcigliato intorno ad una zampa mentre le altre tre, compreso il ventre, scartavetrano la strada.
I piccoli maschi di solito si allontanano dalla spiaggia così come da questa sono partiti, cioè, calciando un supersantos in un continuum spaziotemporale nel quale non si avvedono di automobili e motocicli che, condotti da figli di lungomaristi appena più cresciuti, ancora ricordano quelle traversate al seguito del branco e, per loro, stanno attenti all’attraversamento, nel caso, salendo sui marciapiedi, rigorosamente alieni ai lungomaristi pedoni, capita però che lasciato il supersantos bucato sulla spiaggia, inforchino biciclettine comprate anni prima alle quali, tolte le rotelle precedentemente indispensabili, menano a velocità incredibili i pedali, 20 giri per ogni metro percorso, anticipando stoicamente e nel totale sprezzo del pericolo l’attraversamento stradale senza perdere inutilmente tempo per avvedersi di eventuali altri utilizzatori la strada.
Dove però, il lungomarista, esprime tutte le maestrie tipiche della sua razza, è nel condurre l’automobile che li porterà all’abitazione distante ben 50 metri dal punto dove la spiaggia da loro precedentemente occupata, tange la strada che percorrono col mezzo motorizzato.
Dopo averla caricata con gli altri rappresentanti il gruppo e di tutta l’attrezzatura oltre a quella attentamente lasciata appoggiata a secchi vuoti della spazzatura, (nel caso non venga vista dagli addetti alla nettezza urbana), mette in moto e alla velocità costante di 15 chilometri orari, cascasse il mondo, si immette alla medesima velocità sul lungomare dopo aver abbandonato la traversa nella quale, davanti ad un cancello, (tanto si vede che nessuno lo usa), aveva abbandonato l’auto con tanto di parasole e bloccasterzo, infilando la strada costiera, ovviamente senza avvedersi di eventuali altri lungomaristi, più o meno autorizzati ad avvalersi di tale qualifica.
Una volta immesso nel caotico traffico del lungomare, un vero lungomarista, abbandonando completamente la guida a vista, si gira di centottanta gradi per scaricare una gragnuola di colpi a mani aperte e chiuse sugli esemplari più piccoli seduti dietro che, giocando con il canotto, non gli permettono la visuale posteriore attraverso il predisposto specchietto. Dopo questa mansione, scarica improperi sull’esemplare femmina per far meglio comprendere dove ella male educa la prole mentre le braccia della di lei madre si interpongono fra i due a evitare gragnuole manesche anche sulla figlia. Nell’adempimento di tutte queste mansioni, avendo abbandonato al pilota automatico la guida dell’auto, quella, per conto suo, se ne è andata a camminare nella corsia opposta dove i non lungomaristi, nella loro infinita pazienza, si sono industriati in vari modi per evitare collisioni, ma dove anche, altri lungomaristi, intenti nelle medesime attività stanno per occupare la loro e solo lunghe scariche di trombe e clacson induco i guidatori a riprendere la guida a vista, mai senza prima gridare agli esemplari femmina seduti di fianco, il loro disappunto, in quanto uniche responsabili di quello che non si è trasformato in tragedia, solo grazie alla loro grande perizia nella guida.
Epilogo e fiore all’occhiello di un lungomarista che a buon titolo si vuol fregiare di questo prestigioso appellativo, è il posizionarsi tranquillo dopo tante peripezie, nella postura più classica, natiche spostate tutte in avanti fino a giungere sul bordo del seggiolino e, con il margine inferiore del finestrino all’altezza dell’orecchio, tutto l’avambraccio appeso al di fuori dello stesso, mignolo alzato e le carni che sfrigolano sui trecento gradi della lamiera esterna di un auto abbandonata ore e ore sotto il sole agostano.

Praticamente, un buon lungomarista, raggiunge livelli estremi di controllo del proprio corpo, come un monaco intento a meditare per abbandonare le percezioni date dai sensi del corpo, raggiunge una enorme capacità di sopportazione del calore.
Seconda parte

Newsletter da "Un indovino ci disse"

L'esodo estivo è cominciato ma la nostra "Chiamata alle arti" non si ferma.
Martedì 13 agosto saremo a Riccione. Un ritorno alle origini, o quasi, perché nella città romagnola siamo già stati il 15 aprile, quasi quattro mesi fa. 
Che bei ricordi che conserveremo di questo viaggio nell'Italia che ama Terzani. Quante emozioni ci avete regalato. 
La prima serata, in provincia di Pistoia, a Quarrata, ce la ricordiamo come fosse ieri: i primi incontri con persone meravigliose, le prime prove in sala, i primi manifesti appesi per le strade e nei negozi. Era il 13 marzo e a fatica avremmo potuto immaginare quello che sarebbe accaduto nei mesi successivi. 
Da quel giorno le serate da organizzare sono diventate sempre più numerose. E come vi abbiamo già comunicato nella precedente newsletter, questa grande partecipazione ci ha permesso di trovare anche un produttore italiano indipendente, disposto a coprire una parte dei costi del film 

Il nostro tour ha già superato le 30 tappe e tra settembre e inizio ottobre sono in programma molte altre serate. Saremo a Roma, Bologna, Genova, Prato, Reggio Emilia, La Spezia, Foggia, Treviso, Padova, Ferrara, Mestre, Forlimpopoli (FC), Rezzato (BS), Minturno (LT)... Vi terremo aggiornati!
La prossima newsletter a settembre... con una piccola sorpresa.

Buone vacanze a tutti voi!


giovedì 1 agosto 2013

CHIAMATA ALLE ARTI



Tra le persone che mi hanno aiutato a dare forma al mio senso vi sono,
Thic Nath Hanh
e Tenzin Gyatso il XIV Dalai Lama, ci sono arrivato passando da
Mario Rodriguez Cobos, detto Silo.

Chi ha avviato questo mio percorso?
Tiziano Terzani

Ora si vuole realizzare un film tratto dal suo libro "Un indovino mi disse"

per raccogliere i fondi necessari o pensato di far passare questa manifestazione anche da Minturno, quindi
Chiamata alle arti 
sarà a Minturno
mercoledì, 25 settembre 2013 alle ore 20,30
presso la Sala Consiliare del  Comune

fotografie: prima fotografia: tiziano Terzani con il Dalai Lama
                seconda fotografia: Silo
                terza fotografia: il grande maestro Tich Nath Hanh
                quarta fotografia: il cortile al centro del chiostro nel municipio di Minturno

mercoledì 31 luglio 2013

Chi è il testimone silenzioso del mio sogno?


Come ho conosciuto Tiziano Terzani.
Entro nell'ufficio postale di Minturno che allora era integrato nel palazzo municipale.
Appoggiato sul bancone, al di là del vetro a sinistra della feritoia attraverso la quale ci si scambia soldi e bollette, un libro fa mostra di se. Copertina azzurra, una foto che ritrae un tipo vestito di bianco è seduto sulla soglia di una porta; ha una folta barba anch'essa bianca.
Guardo meglio e riconosco, nel tizio ritratto, il protagonista di un documentario che lo riguardava visto alcuni anni prima. Ricordo che mi colpì la sua calma e il suo sorriso.
Un altro giro di giostra.
Questo il titolo.
Lo divoro.
Da quello passo a "La fine è il mio inizio". E' così che imparo a capire che forse non di sola ciccia siamo fatti.
In questo libro tro una domanda -: Chi è il testimone silenzioso del mio sogno?
Questa domanda diventa il mio koan, al quale, ovviamente, ancora non trovo risposta.
Leggo tutti i suoi libri, mi informo su cosa ha fatto. Comincio a frequentare un forum frequentato da chi, come me, si è appassionato agli scritti di Terzani. Non mi è sufficiente avere a che fare con queste persone solamente attraverso una tastiera e organizzo un incontro dove toccarci a e guardarci negli occhi. Il pretesto dell'incontro è la presentazione di un libro nato dalla raccolta delle cose scritte nel forum, "Dentro di noi".
Approfitto dell'occasione, insieme ad amici, per organizzare un simbolo della pace formato da persone che in piazza si tengono per mano reggendo delle candele, questo per far conoscere la "Marcia mondiale per la pace".
Ecco che mi avvicino a quelle discipline che ci aiutano a comprendere cosa siamo e cosa facciamo. Ovviamente senza risultato, però imparo anche ad apprezzare il viaggio in se anziché il raggiungimento della meta.
Quante cose sono cambiate dentro Massimo da quell'incontro in posta.

giovedì 18 luglio 2013

Le 10 regole per il controllo sociale (Noam Chomsky)

Sarebbe stato inutile creare un nuovo post su ciò, era così esplicativo quello di

che l'ho copincollato

Le 10 regole per il controllo sociale (Noam Chomsky)

L’elemento principale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche.
1 – La strategia della distrazione. L’elemento principale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche utilizzando la tecnica del diluvio o dell’inondazione di distrazioni continue e di informazioni insignificanti.
La strategia della distrazione è anche indispensabile per evitare l’interesse del pubblico verso le conoscenze essenziali nel campo della scienza, dell’economia, della psicologia, della neurobiologia e della cibernetica. “Sviare l’attenzione del pubblico dai veri problemi sociali, tenerla imprigionata da temi senza vera importanza. Tenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza dargli tempo per pensare, sempre di ritorno verso la fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).
2 – Creare il problema e poi offrire la soluzione. Questo metodo è anche chiamato “problema – reazione – soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” che produrrà una determinata reazione nel pubblico in modo che sia questa la ragione delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, oppure organizzare attentati sanguinosi per fare in modo che sia il pubblico a pretendere le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito delle libertà. Oppure: creare una crisi economica per far accettare come male necessario la diminuzione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.
3 – La strategia della gradualità. Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, col contagocce, per un po’ di anni consecutivi. Questo è il modo in cui condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte negli anni ‘80 e ‘90: uno Stato al minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione di massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero stati applicati in una sola volta.
4 – La strategia del differire. Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria” guadagnando in quel momento il consenso della gente per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro di quello immediato. Per prima cosa, perché lo sforzo non deve essere fatto immediatamente. Secondo, perché la gente, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. In questo modo si dà più tempo alla gente di abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo con rassegnazione quando arriverà il momento.
5 – Rivolgersi alla gente come a dei bambini. La maggior parte della pubblicità diretta al grande pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, spesso con voce flebile, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente. Quanto più si cerca di ingannare lo spettatore, tanto più si tende ad usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se questa avesse 12 anni o meno, allora, a causa della suggestionabilità, questa probabilmente tenderà ad una risposta o ad una reazione priva di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).
6 – Usare l’aspetto emozionale molto più della riflessione. Sfruttare l’emotività è una tecnica classica per provocare un corto circuito dell’analisi razionale e, infine, del senso critico dell’individuo. Inoltre, l’uso del tono emotivo permette di aprire la porta verso l’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o per indurre comportamenti…
7 – Mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità. Far si che la gente sia incapace di comprendere le tecniche ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. “La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza creata dall’ignoranza tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare da parte delle inferiori” (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).
8 – Stimolare il pubblico ad essere favorevole alla mediocrità. Spingere il pubblico a ritenere che sia di moda essere stupidi, volgari e ignoranti…
9 – Rafforzare il senso di colpa. Far credere all’individuo di essere esclusivamente lui il responsabile della proprie disgrazie a causa di insufficiente intelligenza, capacità o sforzo. In tal modo, anziché ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e si sente in colpa, cosa che crea a sua volta uno stato di repressione di cui uno degli effetti è l’inibizione ad agire. E senza azione non c’è rivoluzione!
10 – Conoscere la gente meglio di quanto essa si conosca. Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno creato un crescente divario tra le conoscenze della gente e quelle di cui dispongono e che utilizzano le élites dominanti. Grazie alla biologia, alla neurobiologia e alla psicologia applicata, il “sistema” ha potuto fruire di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia fisicamente che psichicamente. Il sistema è riuscito a conoscere l’individuo comune molto meglio di quanto egli conosca sé stesso. Ciò comporta che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un più ampio controllo ed un maggior potere sulla gente, ben maggiore di quello che la gente esercita su sé stessa.

domenica 14 luglio 2013

RAPIMENTO

E' inutile che continuiamo a utilizzare il concetto "Italiani brava gente", siamo RAPITORI
ABBIAMO RAPITO ALMA
Quello perpetrato contro questa donna e contro la sua bambina si chiama 
Rapimento

lunedì 1 luglio 2013

Sono il legno del mio fuoco


Arrivò un saggio,
mi presentò la sua barba.
Prima era senza
e raccontava il mondo,
poi, con lei, lo sentì.
Mi disse:
Puoi sentirlo anche tu.
In quel momento
solo lo toccavo.
Sto qua e l’ascolto
anche se discontinua
è la mia attenzione
perché il mondo mi tocca,
fa bene e fa male.
Sono il legno del mio fuoco
acceso quando era tempo,
si spegnerà quando sarà giusto.
Un’esca sono,
nonostante tutto propagherò.
Sono il legno del mio fuoco
ancora non so
chi custodisce la fiamma.
Sono il legno del mio fuoco
ancora non so
chi custodisce il mio sogno.

incontro con l'autore - Felix Adado


Assemblea

Stasera
Giovedì 20 Giugno 2013
ore 19,00
presso Cooperativa 
"Al di là dei Sogni"
Maiano di Sessa Aurunca (CE)
Riunione organizzativa
per Manifestazione 
"APPIA PULITA"

martedì 18 giugno 2013

Un’intera vita



Davanti a me un ragno
tesse la tela.
La sua vita dura poco.
Per chi dura poco?
Per una stella?
Per un pianeta?
Solamente l’uomo
conta  il tempo.
Davanti a me un ragno
tesse la sua tela,

per tutta la vita.

a Nino Gurrisi

martedì 11 giugno 2013

Per l'acqua pubblica




COMUNICATO STAMPA
I referendum per l'acqua pubblica compiono 2 anni,

i comitati tornano in piazza

13 Giugno 2013 ore 10.00 Piazza del Popolo Latina
Il 12 e il 13 di Giugno di due anni fa, il percorso verso la ripubblicizzazione del Servizio
Idrico del Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua, raggiunse lo straordinario risultato
della vittoria referendaria con oltre 26 milioni di Italiani che scelsero per l'acqua pubblica e
la difesa dei servizi pubblici locali. Da allora, nonostante i tribunali e la Corte Costituzionale
continuino a dare ragione ai comitati, nonostante la campagna di Obbedienza Civile abbia
portato migliaia di cittadini ad autoridursi la bolletta rispettando il voto di due anni fa, la
politica nazionale è stata sorda alle richieste dei cittadini. Si sono succeduti tre governi e
nessuno di questi ha messo all'ordine del giorno un programma di ripubblicizzazione del
servizio idrico, come gli italiani hanno chiesto con forza il 12 e il 13 Giugno del 2011.
Anche a Latina, 54.763 cittadini pari al 96,74% degli aventi diritto al voto, scelsero per
l'Acqua Bene Comune, cioè, per la gestione pubblica del servizio idrico integrato e la
cancellazione della quota del 7% dalla bolletta dell'acqua.
Nell'ATO Territoriale 4 – Lazio Meridionale – il S.I.I. - Servizio Idrico Integrato è gestito da
Acqualatina S.p.a. che ha continuato ad inserire indebitamente in bolletta la
remunerazione del capitale investito, esercitando così appropriazione indebita di somme di
denaro non più dovute a seguito del voto referendario. A questa illegalità, migliaia di
utenti si sono ribellati, inviando ad Acqualatina S.p.a. richiesta di rimborso e procedendo
all'autoriduzione della bolletta della quota non dovuta del 7%.
Il coordinamento locale del Forum Italiano dei Movimenti per l'acqua, il Forum
Pontino dei diritti e beni comuni, Associazioni, Partiti e Sindacati (che hanno
sottoscritto la proposta di delibera di iniziativa popolare e la richiesta delle necessarie
modifiche dello Statuto comunale per avviare, anche a Latina, il processo di
ripubblicizzazione del S.I.I, depositate agli atti del consiglio comunale di Latina in data 01-
08-2012) sollecitano il sindaco a discuterle in consiglio comunale.
La mobilitazione del Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua non si è mai fermata e, a
due anni dalla vittoria referendaria, rilancia in Italia la CAMPAGNA DI OBBEDIENZA
CIVILE per chiedere la ripubblicizzazione del Servizio Idrico e la piena attuazione dei
referendum, per l'ACQUA BENE COMUNE.
Latina 11/06/2013
Il coordinamento Forum Pontino dei Diritti e Beni Comuni
- Forum Italiano dei Movimenti per l'acqua
www.forumbenicomuni.it www.acquabenecomune.org

mercoledì 15 maggio 2013

Una moneta ed un tombino



Un cow-boy sotto ad un patio fuori dal saloon, sta con un piede a terra, l’altro, con lo sperone ben in vista è appoggiato, come la schiena, alla parete. La falda anteriore del largo cappello è calata sul naso e da sotto sporge una sigaretta appesa precariamente al labbro inferiore.
Il pollice sinistro mantiene una pesantissima mano stando infilato nel cinturone della sua scintillante colt, mentre con la mano destra, facendo schioccare le dita, fa roteare per aria una leggiadra moneta.
Una scena vista migliaia di volte nei fumetti e nei film che riporta al dolce far nulla, al riposo.
Ora sostituiamo quella moneta con un tombino di ghisa dal diametro di sessanta centimetri e dallo spessore di otto.
Se fossi io quel cow-boy sarei sotto a quel patio alle prese con il tombino.
Sarebbe comica questa scena se non volesse rappresentare il mio stato d’animo dopo aver appreso del sequestro e conseguente chiusura di un tratto della millenaria via Appia.
Misi, tempo fa, in parole alcuni miei pensieri clicca qui 
che riguardavano l’abbattimento di meravigliosi pini  che costeggiavano l’antica strada, effettuato per lasciare spazio al cantiere che doveva migliorarne la percorrenza attenuando l’angolazione di una doppia curva che costringeva gli automobilisti a rallentare, facendogli così perdere secondi preziosi. 
Siccome l’abbattimento continuava, scrissi una lettera aperta all’ANAS chiedendo che si ponesse termine a quello scempio. clicca qui Tra i commenti ho trascritto la risposta giunta dall’ente che si occupa, appunto, di strade, nella quale sono inseriti rammarico e spiegazioni.
Il rammarico era dovuto ad un suo partecipato dolore per l’inevitabile serie di abbattimenti; le spiegazioni rimandano ad un già troppo ritardato inseguire i più moderni standard di percorrenza stradale dettati da uno sfrenato amore per gli automobilisti che nel viaggiare, loro malgrado, conducono vetture che dalla loro uscita dalle catene di montaggio si sentono attratte proprio da quei pini, mettendo a repentaglio la vita dei propri guidatori e dei loro passeggeri.
Dopo la seconda lettera, sicuramente per una coincidenza, l’abbattimento ha termine e gli alberi superstiti vengono messi nella condizione di non essere più facilmente raggiungibili dalle incaute automobili adottando l’ausilio di enormi guard-rail

Mi domando: se gli alberi erano troppo vicini alla carreggiata, tanto da essere facilmente presi di mira da suicide automobili, un guard-rail ancora più accostato al ciglio della strada, soprattutto nella sua estremità iniziale, non è un cicinin più pericoloso?
Boh!
Ecco dove la gaia moneta roteante all’ombra del patio, diventa un tombino di cinquanta chili e più.
Nell’effettuare i lavori per la preparazione della superficie dove sarebbe poi stato steso l’asfalto, invece di usare solamente i soliti sassi, ghiaia e sabbia, sembra che siano stati utilizzate materie che per legge erano destinate ad un più costoso, ma di certo più sicuro, smaltimento.
Quel tratto di strada, dopo alcune denunce, è stato chiuso dalla Procura della Repubblica di competenza; si deve appurare la natura  di questi materiali per verificare se queste denunce hanno un fondamento, quindi, per adesso, gli automobilisti sono costretti a percorrere le due vecchie, rallentanti curve.

Dopotutto, l’ente gestore, deve guardare alla sicurezza degli autoviaggianti che, in quanto tali, ricevono sicuramente più nocumento dagli invadenti pini che da eventuali sostanze nocive celate sotto l’asfalto, sostanze delle quali non hanno la benché minima percezione isolati come sono nelle loro ruotomunite scatolette.
Peccato che molti di quegli automobilisti bevano l’acqua proveniente da falde che sono potenzialmente contaminate dall’eliminazione di scomode curve; si può mai rinunciare a tutti quei secondi risparmiati correndo più in sicurezza sulla fascia catramosa?


Che importa se quei secondi verranno spesi poi per ingurgitare medicinali.

Appia direzione Roma
Appia direzione Capua
Max 15 maggio 2013