giovedì 22 luglio 2010

SESSANTA GOCCE



Due minuti, spesso, sono sufficienti ad impregnare l'acqua della fontana qui di fianco alla panchina.

Sessanta gocce sono sufficienti ad assorbire dall’aria le grida, le risate, i pianti, il racconto dei gol e dei fuorigioco, soprattutto di quelli non visti o inventati.

Dopo due minuti prendo la spugna che ho appoggiato sulla griglia dello scarico, ha assorbito sessanta gocce, me la poso sulla fronte, la premo tra le mani e dai rigoli d’acqua scaturisce un mondo di emozioni, da quei rigoli vedo tutto.

Chiudo gli occhi e il suono del pianto diventa il volto di un vecchio che tra le pieghe delle proprie mani cerca il perché della sua inadeguatezza.

In un altro caso vedo un naso gocciolante su di una spalla amica.

Il suono di una risata si materializza in un bimbo che seduto sui talloni, con un ago di pino marittimo, porta ripetutamente indietro una formica e quella, incurante, ricomincia la marcia nella medesima direzione.

Tutti questi “due minuti” li colleziono. Non ne scordo nessuno, li poso ordinatamente sulle scansie della mente.

Premo la spugna ed i “due minuti”di un ex combattente, racconto di una guerra finita sessant’anni prima, si vanno a posizionare sulla mensola di chi ricorda palazzi non più esistenti, sostituiti da altri che seppur presenti da decine di mesi, a lui paion posati lì durante la notte.

Sono “due minuti” catalogati per epoche ed argomenti.
Premo la spugna e:

Guarda! C’è il nonno. Sento e vedo un bambino correre verso il canuto avo che allarga le braccia nell’evidente intento di accogliere il nipotino ma che si trasformano in scudo per paura di quello scavezzacollo che urlando: - Nonnooooo! Attenta alle sue articolazioni.

Questi “due minuti” vanno sulla scansia dei nonni o su quella dei bimbi? Preparo una nuova etichetta “Nonni e bimbi”.

L’anca stà premendo su una delle sbarre della panchina, l’osso del bacino mi sembra diventato un rigido bastone, mi sposto e lo incastro nel vuoto che c’è tra due di quelle pene. Ogni volta sembra la prima, invece, si ripropone mille e mille volte a notte.

Clip! Clip! Clip! Trenta in un minuto.

Ogni sessanta clip, raccolgo due minuti di vita e li catalogo fino al giungere del sonno.

Un tempo cambiavo panchina, perché le gocce, cadendo sul fondo della fontana, emettevano un assordante “Clang!” sbattendo su un pezzetto di lamiera, sicuramente una lattina schiacciata. Quel “Clang!” al contrario del “Clip!”, non conciliava affatto il sonno, anzi, mi faceva stizzire non poco.

Dopo aver lavato l’automobile, un tizio, lasciò la spugna utilizzata per quel lustrante scopo, incastrata nella manopola del rubinetto; la presi e la posai sulla griglia, così nacque il ben più tollerabile “Clip!”.

Prima o poi me ne andrò, non so se tutti i miei “due minuti” potrò portarli con me, probabilmente si disperderanno nell’aria, quindi, quando vi sedete su una panchina, guardate se lì vicino c’è una fontana.

Se c’è, chiudete gli occhi. sintonizzatevi con i suoi “Clip!” e ascoltateli.

Sono sicuro, potrete allungare lo sguardo sugli scaffali dei “due minuti”, potrete, così, avvicinarvi a tutte quelle persone che con le loro risate e strilli, fischi e pianti, hanno impregnato la spugna.

C’è un mondo di “due minuti” in ogni piazza, abbandonatevi su una panchina, chiudete gli occhi, la brezza che vi sfiora, il brivido che vi coglie in quell’attimo di rilassatezza, altro non è che lo scricchiolio della porta della stanza dei “DUE MINUTI”

Nessun commento:

Posta un commento