mercoledì 28 maggio 2025

Chi tace acconsente





CHI
TACE 
ACCONSENTE


sabato 17 maggio 2025

Grazie Pepe

 

José Mujica


“Autorità presenti di tutte le latitudini e organismi, grazie mille. Esprimiamo la profonda volontà come

governanti di sostenere tutti gli accordi che, questa, nostra povera umanità, possa sottoscrivere.
Comunque, permetteteci di fare alcune domande a voce alta su come tirare fuori le immense masse dalle
povertà.
Che cosa svolazza nella nostra testa? Qual è il modello di sviluppo e di consumo delle società ricche?
Mi faccio questa domanda: che cosa succederebbe al pianeta se gli Indú in proporzione avessero la stessa
quantità di auto per famiglia che hanno i tedeschi?
Quanto ossigeno resterebbe per poter respirare? Più chiaramente: possiede il Mondo oggi gli elementi
materiali per rendere possibile che 7 o 8 miliardi di persone possano sostenere lo stesso grado di
consumo e sperpero che hanno le più opulente società occidentali? Sarà possibile tutto ciò? O
dovremmo sostenere un giorno, un altro tipo di discussione?
Perché abbiamo creato questa civilizzazione nella quale stiamo: figlia del mercato, figlia della
competizione e che ha portato un progresso materiale portentoso ed esplosivo. Ma l’economia di
mercato ha creato società di mercato. E ci ha rifilato questa globalizzazione, che significa guardare in
tutto il pianeta.
Stiamo governando la globalizzazione o la globalizzazione ci governa???
È possibile parlare di solidarietà e dello stare tutti insieme in una economia basata sulla competizione
spietata?
Fino a dove arriva la nostra fraternità?
La sfida che abbiamo davanti è di una magnitudine di carattere colossale e la grande crisi non è ecologica,
è politica!
L’uomo non governa oggi le forze che ha sprigionato, ma queste forze governano l’uomo ... e la vita!
Perché non veniamo alla luce per svilupparci solamente, così, in generale. Veniamo alla luce per essere
felici. Perché la vita è corta e se ne va via rapidamente. E nessun bene vale come la vita, questo è
elementare. Ma se la vita mi scappa via, lavorando e lavorando per consumare di più e la società di
consumo è il motore tutto ciò è un assurdo: perché, in definitiva, se si paralizza il consumo, si ferma
l’economia, e se si ferma l’economia, appare il fantasma del ristagno per ognuno di noi. Ma questo iper
consumo è lo stesso che sta aggredendo il pianeta.
Però loro devono generare questo iper consumo, producono le cose che durano poco, perché devono
vendere tanto. Una lampadina elettrica, quindi, non può durare più di 1000 ore accesa. Però esistono
lampadine che possono durare 100mila ore accese!
Ma questo non si può fare perché il problema è il mercato, perché dobbiamo lavorare e dobbiamo
sostenere una civilizzazione dell’usa e getta, e così rimaniamo in un circolo vizioso.
Questi sono problemi di carattere politico che ci stanno indicando che è ora di cominciare a lottare per
un’altra cultura.

Non si tratta di immaginarci il ritorno all’epoca dell’uomo delle caverne, né di avere un monumento
all’arretratezza. Però non possiamo continuare, indefinitamente, governati dal mercato, dobbiamo
cominciare a governare il mercato.
Per questo dico, nella mia umile maniera di pensare, che il problema che abbiamo davanti è di carattere
politico.
I vecchi pensatori – Epicuro, Seneca o finanche gli Aymara – dicevano: “povero non è colui che tiene
poco, ma colui che necessita tanto e desidera ancora di più e più”. Questa è una chiave di carattere
culturale.
Quindi, saluterò volentieri lo sforzo e gli accordi che si fanno. E li sosterrò, come governante.
Sò che alcune cose che sto dicendo, stridono. Ma dobbiamo capire che la crisi dell’acqua e
dell’aggressione all' ambiente non è la causa.
La causa è il modello di civilizzazione che abbiamo montato. E quello che dobbiamo cambiare è la nostra
forma di vivere!
Appartengo a un piccolo paese molto dotato di risorse naturali per vivere. Nel mio paese ci sono poco
più di 3 milioni di abitanti. Ma ci sono anche 13 milioni di vacche, delle migliori al mondo. E circa 8 o
10 milioni di meravigliose pecore. Il mio paese è un esportatore di cibo, di latticini, di carne. É una
semipianura e quasi il 90% del suo territorio è sfruttabile.
I miei compagni lavoratori, lottarono tanto per le 8 ore di lavoro. E ora stanno ottenendo le 6 ore. Ma
quello che lavora 6 ore, poi si cerca due lavori; pertanto, lavora più di prima. Perché? Perché deve
pagare una quantità di rate: la moto, l’auto, e paga una quota e un’altra e un’altra e quando si vuole
riposare … è un vecchio reumatico – come me – al quale già gli passò la vita davanti!
E allora uno si fa questa domanda: questo è il destino della vita umana?
Queste cose che dico sono molto elementari: lo sviluppo non può essere contrario alla felicità. Deve
essere a favore della felicità umana; dell’amore sulla Terra, delle relazioni umane, dell’attenzione ai figli,
dell’avere amici, dell’avere il giusto, l’elementare.
Precisamente. Perché è questo il tesoro più importante che abbiamo: la felicità!
Quando lottiamo per l'ambiente, dobbiamo ricordare che il primo elemento dell'ambiente si chiama
“felicità umana".

Discorso del Presidente dell'Uruguay al Rio+20, sullo sviluppo sostenibile, 20 giugno 2012


venerdì 25 aprile 2025

25 aprile - Festa della Liberazione

 

Minturno, 25 aprile 2025


Delazione.

Il 25 aprile ci ha liberato da questa parola.

Quando i fascisti proclamavano una festività,  lo facevano con grande sfarzo non certamente con sobrietà,  inoltre, era obbligatorio parteciparvi. Bisognava scendere in piazza e nelle strade e omaggiare il dittatore, il gerarca e chi per loro, tendendo il braccio destro, chi non lo faceva rischiava che il vicino o il collega di lavoro lo denunciasse. Se non si festeggiava con sfarzo si rischiava la deportazione, la tortura, la morte.

Oggi, grazie a ciò che viene rappresentato da questa nostra festa, si può anche non partecipare, si può dire che questa festa è divisiva adducendo anche motivazioni senza alcun senso.

Care amiche e cari amici, lottiamo sempre per non dimenticare e per perpetuare la memoria di coloro, sempre meno per motivi anagrafici, che ci hanno permesso di vivere senza la paura della delazione.

BUONA FESTA DELLA LIBERAZIONE


delazióne s. f. [dal lat. delatio -onis, der. di delatus, part. pass. di deferre «portare, riportare, deferire»]. – 1. L’atto di denunciare segretamente, per lucro, per servilismo o per altri motivi, l’autore di un reato o di altra azione soggetta a pena o sanzione, o di fornire comunque informazioni che consentano d’identificarlo: la cospirazione fu scoperta in seguito alla d. di un rinnegato. 2. Nel linguaggio giur., deferimento: d. di giuramento; d. dell’eredità, quando siano presenti tutti i presupposti perché il chiamato a succedere possa far valere il suo titolo. 3. ant. Il portare: d. d’armi, porto d’armi abusivo.

(Fonte: Treccani)

lunedì 30 settembre 2024

Un sasso tondo

Corro su un prato, in salita
salgo su un sasso tondo, bianco
mi siedo sui talloni e
sogno.


Parole scaturite leggendo uno straordinario e meraviglioso pensiero trovato su "Grammamanti" di Vera Gheno.

Il passaggio dalla negazione dell'ingiustizia  al riconoscimento dell'ingiustizia  è un processo irreversibile.
I vostri occhi hanno visto  quello  che hanno visto. Una volta che avete assistito  all'ingiustizia, non potrete mai più,  in buona fede, negare l'oppressione  e difendere l'oppressore. Ciò che un tempo poteva essere lealtà adesso significa tradimento.  Da ora in poi, se non opponete resistenza, siete collusi.
Ma c'è un territorio a metà  tra la difesa e l'attacco,  un territorio di resistenza flessibile,  uno spazio aperto al cambiamento.  Non è un luogo  facile da trovare  o da abitare.
Per me l'importante  non è offrire  una specifica speranza  di miglioramento,  bensì  - mostrando  una realtà alternativa  ipotetica e plausibile  - liberare la mia  mente,  e quindi quella dei lettori, dalla pigra e pavida abitudine a pensare che il modo in cui viviamo ora  sia l'unico possibile.  È questa inerzia che consente  alle istituzioni  basate sull'ingiustizia di prosperare senza mai essere prese in discussione.

lunedì 19 agosto 2024

Riciclity

 Riciclity: avviare un riciclaggio di materiale non necessario già utilizzato, all'infinito 



Un'amica,  dopo aver letto
Il tappo e attaccato alla bottiglia?  Problema risolto
che per ridere, ho scritto dopo aver visto un video tutorial utile a riconoscere i vari tipi di tappi e la motivazione delle differenze dettata da diversi modi di utilizzo,
mi ha passato un articolo di Ugo Bardi che mi è piaciuto e ha acutizzato in me alcune considerazioni che faccio da tempo.
Bardi fa notare quanto sia ipocrita e, addirittura dannosa, la motivazione che ha portato l'industria del soft drink verso la scelta di far rimanere attaccato il tappo alle bottiglie di plastica. Quello che dice mi trova daccordo su tutto tranne che sul paradigma iniziale: vendere bibite quindi produrre troppa plastica.

Io sono sempre più convinto, invece, che l'industria del soft drink non ci vende bevande bensì plastica e zucchero con il pretesto di farci bere.
L'acqua costa poco, quand'anche in regime di concessione, la pagano pochissimo. Consideriamo anche che spesso nemmeno pagano o pagano con grandi ritardi e non prima di aver perso lunghi contenziosi legali.
Se fosse l'acqua il prodotto da vendere e si avesse a cuore un'etica orientata ad una minore impronta antropica, la si venderebbe in contenitori di vetro ma siccome l'acqua non è necessario venderla perché sarebbe captabile ovunque se non irregimentata, ci fanno credere che siamo noi a volerla plastificata quindi siamo noi a doverci educare, per cui,  il tappo attaccato,  ha uno scopo didattico.
Quest'industria che fa? Installa grandi stabilimenti per produrre bottiglie,  tappi, etichette e imballaggi per confezionare roba che non hanno pagato tutt'al più aromatizzata omeopaticamente con aggiunte di zucchero con modalità avverse anche alle considerazioni del peggior sedicente medico: lo zucchero, infatti, è la droga maggiomente utilizzata per rendere enormemente appetibili tantissimi inutili alimenti e beveraggi.
Come potrebbero vendere miliardi di bottiglie di plastica altrimenti? Mica sono bacinelle che una volta acquistate riutilizziamo, se ben conservate,  anche per molti anni.
La questione tappo.
Io li differenzio da tanto, anche se il mio comune consente di conferire più materiali per caratterizzarli successivamente, a casa mia, li passiamo a chi, per fare beneficienza, li rivende come plastica più pregiata. La necessaria maggior forza per strapparlo alla bottiglia non mi fa certo desistere da questo intento.
Consideriamo anche il traporto, milioni di autotreni ogni anno sono incolonnati su strade e autostrade per portare prodotti piemontesi in sicilia e i medesimi prodotti, però siciliani, in Piemonte, o valdostani in Puglia e viceversa, rendendo le strisce d'asfalto italiane, un grande magazzino per lo stoccaggio di bancali con milioni di metri cubi di plastica che potrebbero, invece, non essere prodotti affatto.

venerdì 16 agosto 2024

Il tappo è attaccato alla bottiglia? Problema risolto!

 


Molti ritengono problematica la soluzione adottata dall'industria di far rimanere attaccato il tappo alle bottiglie di plastica, io ho trovato un modo per semplificare la possibilità di bere e di conservare separatamente il tappo dalla bottiglia, infatti i due oggetti sono prodotti con plastiche diverse che tutti dovremmo conferire, preferibilmente, in modo separato presso i depositi comunali dell'immondizia.
Procedo così: svito il tappo e gli attacco una cordicella (quelle per le tende veneziane vanno benissimo, bastano pochi metri, io ne uso circa due). Apro il bagagliaio dell'auto  e prendo il gancio per il traino in dotazione, si trova tra gli attrezzi necessari al cambio delle ruote (crik, leva coprimozzo, chiave per svitare le ruote ecc.). Avvito il gancio al paraurti dopo aver tolto il coperchietto e con un nodo savoia, per facilitarne il successivo  scioglimento, collego il gancio al tappo. La bottiglia la imprigiono dietro a due zampe di due sedie attaccate tra loro con una fascetta autoserrante che dopo l'operazione taglierò con un coltellino a lama retrattile, è vero, ogni volta butterò paio di fascette ma ne posso comperare a decine per pochi centesimi di euro. Sono fortunato ad avere il tubo di una grondaia ancorato al garage in modo abbastanza robusto al quale attaccare entrambe le sedie che, soprattutto in estate, posso lasciarvi attaccate anche per più operazioni in quanto è necessario bere più di due litri d'acqua al giorno per evitare problemi di disidratazione, d'inverno,  visto che bevo un po' meno, taglio le fascette e ogni volta che è necessario, ne prendo un paio nuove.
Ecco, ora sono pronto, la bottiglia è bloccata, il tappo è attaccato al paraurti quindi non mi resta che entrare in auto innestare la retromarcia, guardare attentamente negli specchietti retrovisori, eventualmente accendo le quattro frecce per segnalare che sto compiendo un'operazione  che può risultare pericolosa, soprattutto se non attacco bene le sedie alla grondaia, cammino all'indietro fino a tendere la cordicella che, ad un certo punto, libererà il tappo dalla bottiglia.
Compiuta l'operazione si potrò liberare il tappo dalla cordicella, prendo la bottiglia da dietro le zampe delle sedie e mi disseto comodamente, solo dopo aver riposto la cordicella in un mobile dopo aver aperto lo sportello o su uno scaffale per poter riutilizzare la medesima cordicella più volte, ricordare che il riutilizzo degli oggetti per più operazioni e un contributo che ciascuno può dare per non disperdere troppo materiale e diminuire l'impronta antropica che già sta cominciando ad essere un tantino dannosa per il nostro pianeta.
Potrà sembrare complicato, specialmente per chi è anziano e non ha qualcuno che lo possa aiutare ma, vi assicuro, dopo sole venti o trenta volte, diventa così semplice che nemmeno ricorderete più le difficoltà delle prime volte.


lunedì 13 maggio 2024

Non si smontano i sorrisi

 Tentano sempre

con spatole o altro

di staccare trecce di parole

e di sorrisi.

Chiudono le porte 

e smontano i propri

come il palco

dopo un concerto.

Tanti ne ho,

mi prendo anche i loro,

arriverà il giorno

in cui li vorranno rivedere.

Da fuori le mura

li riporterò. 

Si possono staccare,

non si possono smontare.

Si possono nascondere,

la peste passa

e subito li ritrovi.

I sorrisi son lì

insieme alle belle parole,

si intrecciano ancora,

sempre lo faranno.

I sorrisi

non si possono smontare

solamente si può 

nasconderli un po'.