lunedì 26 agosto 2013

CHIAMATA ALLE ARTI - the news # 1



Alla Manifestazione
 CHIAMATA ALLE ARTI 
del 25 settembre 2013 saranno presenti

Emergency Formia

Amnesty International Formia

Comitato Un indovino ci disse - Il film

Comitato Premio Dragut Minturno con una mostra fotografica tra nuove e vecchie immagini di Minturno e frazioni

Amici del Libro "Luigi Raus" - Minturno con lettura di brani tratti dai libri di Tiziano Terzani

Le Facce Toste con i loro intermezzi musicali (flauto, chitarra, voce)

Elisa Jane Pedagna e Giovanni Colangelo con l'esposizione di alcune loro opere

Simone Palladino con l'esposizione di fotografie

Il cucchiarellaio matto con esposizione di oggetti realizzati in legno d'olivo "Cucchetta e forchiaio"

Associazione "Umanamente" con l'utilizzo del video-proiettore

Seguiteci per ulteriori aggiornamenti


martedì 13 agosto 2013

IL LUNGOMARISTA - 2

(Prima parte)
Un lungomarista può essere dotato anche di scooter o di motocicletta, a volte, anche di qualche mezzo spinto dall’elettricità, biciclette o monopattini motorizzati che siano, ma andiamo con ordine.
Il lungomarista scooterato sta seduto sul sellino tutto girato da un lato, in pratica con entrambe le gambe a destra o a sinista e deve continuamente tentare di mettere il dueruote su una soltanto, quindi procede a balzi piegando e tendendo continuamente le braccia a differenza del più sfortunato motociclista, non potendosi girare a piacimento cede alla tentazione di non stare diritto girandosi solo di tre quarti. Può girarsi solo in parte, infatti, la mano destra deve obbligatoriamente stringere la manopola dell’acceleratore pena lo stallo, quindi, la perdita dell’effetto giroscopico delle ruote lo farebbe cadere senza nemmeno comprendere qual è la legge fisica che ne conserva la posizione ritta. Il motociclista lungomarista non indossa il casco, al massimo lo tiene seminfilato sulla sommità del capo, il braccio destro piegato a novanta gradi permette al pugno chiuso di poggiare sul ginocchio del medesimo lato dandogli la postura che ben fa comprendere la sua grande abilità di centauro, la stessa abilità che rimpingua di accise le casse dello Stato ogni qualvolta deve ripartire quando, abbassando completamente il polso, accelera al massimo consentito. Il fragoroso motore ha solo come scopo secondario quello cinetico, il principale, infatti, è quello sonoro o meglio, rumoroso, spesso, per giungere in modo eccelso alla maestria dello spaccatimpani, così come il lungomarista automobilista, dota il proprio mezzo di un impianto stereofonico dal quale far uscire i propri gusti in fatto musicale, purtroppo, mai si avvede di come, chi non è sul veicolo, sente solo la parte ritmica e nelle frequenze più basse, un bum! bum! continuo che elimina completamente l’effetto Doppler che per il lungomarista, al massimo, può essere il nome di un calciatore tedesco poco noto.
Poi ci sono i figli piccoli dei lungomaristi che vanno sui mezzi elettrici citati prima. Vabbè! le biciclette elettriche fanno quello che possono fare e ancora non si è notato un utilizzo diverso da quello che può essere adottato da un mezzo che ausilia la pedalata con la leggera spinta data dall’elettricità. Diverso è per i monopattini sui quali, pur non andando a velocità superiori ai tre o quattro chilometri orari, la postura da adottare è quella più aerodinamica possibile, cioè quella che si assume stando con la testa al di sotto delle manopole per sfrecciare, ovviamente, in mezzo alla strada noncuranti di chi li segue e precede. Poi ci sino gli scooter elettrici, dall’aspetto e dimensione identici a motorini con il motore a scoppio, magari delle categorie più piccole, ma in tutto e per tutto simili a normali scooter, utilizzati da nonni e nonne e da fanciulli dall’età rigorosamente al di sotto degli otto anni.
Bisogna sperare assolutamente di non far incidenti con questi ultimi, oltre che per non aumentare il numero delle scorticature già presenti su ogni parte del loro corpo, soprattutto per evitare linciaggi da parte dei parenti lungomaristi di lungo corso, sempre acquattati dietro angoli e auto in sosta; come gli zombi nei film d’orrore, assenti quasi sempre ma sbucanti ovunque come si vuole scappare verso una salvifica automobile senza sapere che, nella produzione di dette pellicole, l’attrezzista dota le auto con chiavi dell’accensione grandi il doppio della fessura della serratura
Ecco, dicevo, cosa succede ogni qualvolta si fa un incidente del tipo sopradescritto: il bimbo viene prontamente buttato, senza tanti riguardi, sulle pedonali più vicine, mentre lo scooter viene inforcato da un membro adolescente, autorizzato legalmente alla guida, del clan; mamme, zie e nonne cominciano, dividendosi in parti uguali tra il bimbo sulle pedonali e quello sullo scooter che recita come un attore consumato, la parte di quello schiacciato dall’auto. Praticamente, senza saperlo, si era urtato il bimbo sulle pedonali e, nell’intendo comunque attivato di evitare di colpirlo, si era anche buttato all’aria quello del motorino. Nella bagarre ci si ricorda perfettamente che si stava in sosta ad attendere la moglie scesa a prendere le sigarette, ma la scena è così ben congegnata e recitata che si comincia a chiedere scusa a chiunque passi e a chiedere al proprio santo protettore cosa fare per espiare la colpa di tali misfatti.
Agli esemplari più giovani di lungomarista viene insegnato un metodo alternativo di procurare il cibo necessario al sostentamento della tribù. Oltre che di telline e cozze, cozze, per conservare il titolo faticosamente guadagnato, si deve nutrire di granchi e polpi. Per catturare i primi, i ragazzini si scorticano e illividiscono stinchi e gomiti, saltabeccando tra i massi dei moli muniti di un retino simile a quelli acchiappa farfalle mentre, per catturare i polipi, vengono approntate all’uopo, numerose canne di bambù, vengono cioè munite di una piccola retina legata ad una estremità nella quale imprigionare dell’esca dalla quale il polpo dovrebbe essere attirato tanto da attorcigliacisi intorno, le più sofisticate sono dotate anche di un cappio fatto con la lenza da pesca da stringere sul malcapitato polpo.


Una buona famiglia di lungomaristi la si riconosce anche da come si occupa degli asciugamani degli altri bagnanti. Solitamente, anche con la spiaggia scarsamente occupata, infila l’ombrellone ad un metro da chi già stà in spiaggia, poi, nel posare a terra il proprio armamentario, sale con i piedi e con la sabbia da questi spostata, sull’altrui asciugamano. Chiedendo gentilmente scusa, nel momento che il bagnante infastidito si alza, ne solleva l’asciugamano e scuotendolo nell’intento di pulirlo, butta la sabbia dappertutto, anche sulle ciambelle date ai bimbi per farli stare calmi dopo le ore di fila passate in auto per giungere a fruire dell’agognato bagno. Nel distenderlo nuovamente a terra, mentre il vicino si libera della sabbia arrivatagli addosso, lo posa tre metri più lontano: - Così non le diamo più fastidio. È la giusta scusa. Ovviamente dà una mano a spostare anche borse e ciabatte e, chinato nell’atto di raccogliere, guarda la moglie da sotto le ascelle e con ammiccamenti uguali a codici, indica dove posare la sua di roba, proprio laddove prima stava ciò che di necessario si è portato chi già stava in loco. Con le spalle al mare, guardando la spiaggia ecco come si presentano il nonlungomarista e il lungomarista: il primo con ogni componente il gruppo sul proprio asciugamano che è attaccato a quello dei propri familiari, borse e giochi anch’essi sugli asciugamano vicino ai piedi, le altre poche cose appese diligentemente dal nonlungomarista, alle bacchette dell’ombrellone; il secondo con la sdraio della nonna attaccata al vicino di spiaggia, due metri più in là, la mamma ascolta la radio a volume altissimo, due metri più in là ancora, il padre sta preparando la canna da pesca da usare assolutamente sul bagnasciuga antistante la postazione, altri due metri più in là una piscinetta gonfiabile ospita il più piccolo esemplare, a fianco i bimbi appena più grandi fanno piangere quello nella piscinetta buttandoci dentro la sabbia, nella piscinetta ovviamente. Gli esemplari adolescenti si dividono in due gruppi, uno dove gli esemplari maschi sollevano  le femmine per buttarle gratuitamente a mare prima che si siano spogliate; gli altri si divertono a tirare pallonate all’unico che sta in acqua fingendo di tuffarsi come un esperto portiere di calcio con una porta larga settanta metri e alta venti; immancabilmente, la difficoltà di controllare le traiettorie dei supersantos, li porta a colpire chi in acqua sta e nulla vuole avere a che fare con le performances calcistiche oppure, e lì si riconosce un altro lungomarista, salta dall’acqua con l’intento di calciare l’arrivante pallone, mancandolo clamorosamente, ovviamente, il rallentamento dato dell’essere immerso in un liquido, non è stato assolutamente contemplato, quindi quando sta effettuando il salto, il pallone già è passato oltre andando a colpire un doppiamente sfortunato nonlungomarista.

giovedì 8 agosto 2013

IL LUNGOMARISTA

Descrizione di una figura immaginaria.
Un lungomarista degno di questo nome comincia la propria giornata la sera quando se ne va dalla spiaggia, il primo giorno di ferie dopo esser giunto nella località eletta a residenza estiva.
Non comincia la mattina vi chiederete?
No, secondo me prima di diventare un vero lungomarista, deve lasciare l’ombrellone piantato e chiuso, sul bagnasciuga della spiaggia libera dove avrà intenzione di lacerare i timpani dei bagnanti, per segnare, come ogni buon maschio alpha, il proprio territorio. Quel territorio, di buon mattino, verrà anzitempo occupato cominciando con il più vecchio degli esemplari che, vuoi per il caldo, vuoi per gli anticipati risvegli mattutini caratteristici, appunto, degli esemplari più anziani, scende a rimestare sul fondo del mare in punti dove si può stare comodamente seduti, nell’atto della raccolta delle telline, gustosi piccoli molluschi particolarmente adatti per la preparazione di abbondanti spaghettate. Il maschio alpha si dedicherà più tardi al procacciamento dei molluschi da cucinare in abbondantissime soutè. Le cozze, raccolte tra i grossi massi utilizzati per realizzare barriere frangiflutti, sono stupidamente lasciate vivere la propria vita dagli abitanti autoctoni, costoro non si rendono conto che proprio il loro abbondare davanti a canali di scarico li rende più grossi e saporiti.
Al momento di lasciare la spiaggia, il buon lungomarista, dopo aver radunato i due o tre quintali di masserizie sempre utili quando si va al mare, infila la testa nella piccola piscina gonfiabile utilizzata dagli esemplari più giovani; a volte invece, si può trattare di mini-gommoni; in una mano impugna una sedia sdraio e nell’altra la borsa con i giochi per i bimbi e le chiavi dell’automobile, la quale è assolutamente indispensabile per chi si vuole fregiare del titolo di lungomarista.

Il maschio alpha nell’atto di abbandonare la spiaggia, lo si riconosce dal resto del branco soprattutto dallo sguardo perso nel vuoto, infatti, nel dimostrare tutta la sua potenza, raramente utilizza calzature di sorta e, causa i trecento gradi dell’asfalto, deve concentrare le sue forze per non mostrare debolezze lamentandosi dell’ardere delle piante dei piedi. Costui conduce l’attraversamento con un percorso in diagonale di circa 100 metri laddove la strada è larga 6.
La compagna e la madre della compagna, raramente si distinguono tra loro, entrambe con ventri prominenti, inclinate all’indietro per compensare lo squilibrio dato dal buzzo, vestono abiti drammaticamente succinti, denominati bikini, coperti da veli annodati su una spalla ma praticamente completamente aperti sul davanti. L’esemplare più vecchio delle femmine a volte lo si può riconoscere perché, non portando pesi, può gaiamente dimenare davanti al volto ventagli raffiguranti santi e madonne.
Gli esemplari femmina più piccoli trascinano teli asciugamano a terra o, tuttalpiù piccoli cani che dimenandosi cercano di far comprendere il proprio disappunto nel fatto che nessuno si accorge del guinzaglio attorcigliato intorno ad una zampa mentre le altre tre, compreso il ventre, scartavetrano la strada.
I piccoli maschi di solito si allontanano dalla spiaggia così come da questa sono partiti, cioè, calciando un supersantos in un continuum spaziotemporale nel quale non si avvedono di automobili e motocicli che, condotti da figli di lungomaristi appena più cresciuti, ancora ricordano quelle traversate al seguito del branco e, per loro, stanno attenti all’attraversamento, nel caso, salendo sui marciapiedi, rigorosamente alieni ai lungomaristi pedoni, capita però che lasciato il supersantos bucato sulla spiaggia, inforchino biciclettine comprate anni prima alle quali, tolte le rotelle precedentemente indispensabili, menano a velocità incredibili i pedali, 20 giri per ogni metro percorso, anticipando stoicamente e nel totale sprezzo del pericolo l’attraversamento stradale senza perdere inutilmente tempo per avvedersi di eventuali altri utilizzatori la strada.
Dove però, il lungomarista, esprime tutte le maestrie tipiche della sua razza, è nel condurre l’automobile che li porterà all’abitazione distante ben 50 metri dal punto dove la spiaggia da loro precedentemente occupata, tange la strada che percorrono col mezzo motorizzato.
Dopo averla caricata con gli altri rappresentanti il gruppo e di tutta l’attrezzatura oltre a quella attentamente lasciata appoggiata a secchi vuoti della spazzatura, (nel caso non venga vista dagli addetti alla nettezza urbana), mette in moto e alla velocità costante di 15 chilometri orari, cascasse il mondo, si immette alla medesima velocità sul lungomare dopo aver abbandonato la traversa nella quale, davanti ad un cancello, (tanto si vede che nessuno lo usa), aveva abbandonato l’auto con tanto di parasole e bloccasterzo, infilando la strada costiera, ovviamente senza avvedersi di eventuali altri lungomaristi, più o meno autorizzati ad avvalersi di tale qualifica.
Una volta immesso nel caotico traffico del lungomare, un vero lungomarista, abbandonando completamente la guida a vista, si gira di centottanta gradi per scaricare una gragnuola di colpi a mani aperte e chiuse sugli esemplari più piccoli seduti dietro che, giocando con il canotto, non gli permettono la visuale posteriore attraverso il predisposto specchietto. Dopo questa mansione, scarica improperi sull’esemplare femmina per far meglio comprendere dove ella male educa la prole mentre le braccia della di lei madre si interpongono fra i due a evitare gragnuole manesche anche sulla figlia. Nell’adempimento di tutte queste mansioni, avendo abbandonato al pilota automatico la guida dell’auto, quella, per conto suo, se ne è andata a camminare nella corsia opposta dove i non lungomaristi, nella loro infinita pazienza, si sono industriati in vari modi per evitare collisioni, ma dove anche, altri lungomaristi, intenti nelle medesime attività stanno per occupare la loro e solo lunghe scariche di trombe e clacson induco i guidatori a riprendere la guida a vista, mai senza prima gridare agli esemplari femmina seduti di fianco, il loro disappunto, in quanto uniche responsabili di quello che non si è trasformato in tragedia, solo grazie alla loro grande perizia nella guida.
Epilogo e fiore all’occhiello di un lungomarista che a buon titolo si vuol fregiare di questo prestigioso appellativo, è il posizionarsi tranquillo dopo tante peripezie, nella postura più classica, natiche spostate tutte in avanti fino a giungere sul bordo del seggiolino e, con il margine inferiore del finestrino all’altezza dell’orecchio, tutto l’avambraccio appeso al di fuori dello stesso, mignolo alzato e le carni che sfrigolano sui trecento gradi della lamiera esterna di un auto abbandonata ore e ore sotto il sole agostano.

Praticamente, un buon lungomarista, raggiunge livelli estremi di controllo del proprio corpo, come un monaco intento a meditare per abbandonare le percezioni date dai sensi del corpo, raggiunge una enorme capacità di sopportazione del calore.
Seconda parte

Newsletter da "Un indovino ci disse"

L'esodo estivo è cominciato ma la nostra "Chiamata alle arti" non si ferma.
Martedì 13 agosto saremo a Riccione. Un ritorno alle origini, o quasi, perché nella città romagnola siamo già stati il 15 aprile, quasi quattro mesi fa. 
Che bei ricordi che conserveremo di questo viaggio nell'Italia che ama Terzani. Quante emozioni ci avete regalato. 
La prima serata, in provincia di Pistoia, a Quarrata, ce la ricordiamo come fosse ieri: i primi incontri con persone meravigliose, le prime prove in sala, i primi manifesti appesi per le strade e nei negozi. Era il 13 marzo e a fatica avremmo potuto immaginare quello che sarebbe accaduto nei mesi successivi. 
Da quel giorno le serate da organizzare sono diventate sempre più numerose. E come vi abbiamo già comunicato nella precedente newsletter, questa grande partecipazione ci ha permesso di trovare anche un produttore italiano indipendente, disposto a coprire una parte dei costi del film 

Il nostro tour ha già superato le 30 tappe e tra settembre e inizio ottobre sono in programma molte altre serate. Saremo a Roma, Bologna, Genova, Prato, Reggio Emilia, La Spezia, Foggia, Treviso, Padova, Ferrara, Mestre, Forlimpopoli (FC), Rezzato (BS), Minturno (LT)... Vi terremo aggiornati!
La prossima newsletter a settembre... con una piccola sorpresa.

Buone vacanze a tutti voi!


giovedì 1 agosto 2013

CHIAMATA ALLE ARTI



Tra le persone che mi hanno aiutato a dare forma al mio senso vi sono,
Thic Nath Hanh
e Tenzin Gyatso il XIV Dalai Lama, ci sono arrivato passando da
Mario Rodriguez Cobos, detto Silo.

Chi ha avviato questo mio percorso?
Tiziano Terzani

Ora si vuole realizzare un film tratto dal suo libro "Un indovino mi disse"

per raccogliere i fondi necessari o pensato di far passare questa manifestazione anche da Minturno, quindi
Chiamata alle arti 
sarà a Minturno
mercoledì, 25 settembre 2013 alle ore 20,30
presso la Sala Consiliare del  Comune

fotografie: prima fotografia: tiziano Terzani con il Dalai Lama
                seconda fotografia: Silo
                terza fotografia: il grande maestro Tich Nath Hanh
                quarta fotografia: il cortile al centro del chiostro nel municipio di Minturno