lunedì 17 febbraio 2014

Camminare

Lo Strona con la zona "Baraggia" e dietro il "Motto"


Io e il Luigino eravamo sempre insieme e camminavamo tantissimo.
Meta fissa d’estate era il lido sul lago di Mergozzo sotto la stazione ferroviaria di Fondotoce. Dal centro di Gravellona dovevamo percorrere circa quattro chilometri. Si stava ore e ore a fare il bagno in un’acqua freddissima ma alla quale ci si abituava velocemente, e ore e ore le si passava a tuffarci dalla scarpata che scendeva, sulla sinistra, dalla ferrovia. Per tuffarci dovevamo ogni volta risalire, solo a pensare quante sono state quelle risalite mi viene l’affanno, eppure, era un continuo. Era cosa anche abbastanza pericolosa, non pochi nell’ingresso in acqua, hanno sbattuto i piedi sulle rocce ma questo rendeva ancora più attraente il nostro tufarci.
Stanchi morti ci si metteva in cammino, ancora bagnati, e si tornava a casa, a volte esponendo il pollice con l’evidente desiderio di trovare il passaggio di qualche automobilista di buon cuore, il che succededeva frequentemente.
Altre volte si arrivava fino a Mergozzo, chilometri percorsi sempre a piedi, a volte raggiungendo l’incrocio che portava al paese passando per Fondotoce, altre volte attraversando il Toce su una passerella pedonale che si trovava a Ornavasso, anche questa raggiunta a piedi.
A piedi si andava a Omegna sia per strada che risalendo lo Strona.
Che stanchezza ci coglieva a camminare su quell’infinito numero di sassi sui quali si cominciava a camminare per evitare di bagnarci i piedi ma che dopo poco si cominciava ad  aggirare e scavalcare; spesso scivolosi a tal punto da farci cadere completamente in acqua.
Una volta bagnati diventava un po’ più semplice procedere e il cic ciac nelle scarpe diventava la colonna sonora del nostro risalire la corrente.
Quando non ce la facevamo più, in genere dalle parti di Crusinallo, ci sedevamo nell’acqua e discendevamo il torrente, precursori di quello che sarebbe diventato un vero e proprio sport, che ora ha tutta una sua attrezzatura sia per discese a corpo libero che con l’ausilio di galleggianti realizzati ad-hoc.
Tornare a casa bagnati e con ginocchia, caviglie e fianchi tinti di blu era più che normale.
Altre camminate ci conducevano fino a Feriolo o a Baveno, sul lago Maggiore. Si camminava per andare al Motto e a Granerolo, oppure si andava fino a Casale Corte Cerro.
Per una delle escursioni a Casale ci attrezzammo con uno zaino pronto per una scampagnata, corredato da acqua, formaggio e pane di Forzani, fornaio aldilàdelponte che produceva un particolare pane al malto che mi piaceva da morire. Oltrepassammo, salendo, il paese fino a giungere alla sommità di monte Massone; una volta lassù ci lasciammo scivolare lungo un pendio ricoperto da alta erba, ricordo una discesa che non finiva mai che ci portò fino a ridosso di alcune case.
Tornammo a Gravellona tardissimo, un po’ a piedi e un po’ con passaggi in auto.
Nel ricordare questo episodio mi ripropongo di ricostruire quel percorso con l’aiuto di Luigi, guardando le zone sin qui descritte con l’aiuto del satellite, mi sembra impossibile che due ragazzini di poco più di dieci anni, abbiano percorso tutta quella strada nell’arco di una sola giornata, in quanto non tornammo percorrendo a ritroso la strada, ma scendendo dall’altra parte della montagna.
Quel camminare era il preludio di una passione che mai mi ha lasciato.
Nel 1977 andai ad abitare molto più a sud e alla fine dell’estate successiva, con mio fratello Marco, attrezzati di tutto punto, ci incamminammo da Cellole con Gravellona come meta, da raggiungere, rigorosamente a piedi e in autostop, avevamo quindici anni io e tredici Marco.
L’anno successivo partii con la medesima volontà alla volta di Bolzano, sulla cartina che avevo appresso segnai tutte le tappe e come le avevo percorse, alla fine del viaggio, le parti percorse a piedi raggiungevano la strabiliante cifra di oltre trecento chilometri, avevo sedici anni.
Negli anni successivi era per me normale raggiungere Napoli, sempre da Cellole, in parte a piedie in parte in autostop.
Molti anni dopo, per compiere una mia sezione della Marcia Mondiale per la Pace, percorsi a piedi e spingendo una carriola, la distanza che divide il Garigliano da Cisterna di Latina, avrei volentieri continuato fino a Trieste dove la Marcia faceva ingresso in Italia, purtroppo però dovevo lavorare; la carriola, spinta da un gruppo di ragazzi arrivò fino a Roma dove altre persone dovevano prenderla in carico, purtroppo l’iniziativa si arenò lì.
Nella carriola portavo alcune manciate di terra che molte persone mi mandarono da varie parti d’Italia. Questa terra era richiesto mi fosse mandata con la descrizione del posto di prelievo e con pensieri dedicati all’iniziativa che avevo promosso per far comprendere quanto non mi piace l’idea di confine. A tutta la terra raccolta aggiungevo una piccola manciata che raccoglievo nel punto dove un cartello annuncia l’ingresso in un nuovo paese, sarebbe stato bello se quella carriola fosse arrivata fino al nord d’Italia con tutta la sua terra, fa nulla ma un certo rammarico mi è rimasto, soprattutto perché avrei potuto organizzarla meglio ma era agli inizi del mio ingresso in internet.
Camminare è un’attività che ho nel sangue nella quale ho coinvolto mia moglie Silvana.
Quando eravamo fidanzati la raggiungevo a Napoli dove viveva e si andava fino alla Villa Comunale, non una sola volta percorremmo tutta la strada a piedi, spesso ne percorrevamo lunghi tratti, sia all’andata che al ritorno, ora con lei spesso percorro i quattro chilometri di spiaggia che separano Monte d’Oro da Monte d’Argento a Minturno. Anche le montagne delle zone intorno a dove vivo vedono il menar dei nostri piedi, a spese di funghi e asparagi.
Camminare… camminare.
Camminare è anche quello che sto facendo attraverso i ricordi che vedono Gravellona e i ricordi che mi legano ad essa, protagonisti delle righe che scrivo prima che scompaiano dalla mia mente che si sta facendo vecchia.
Vero è che amici, compagni di camminata, mi stanno aiutando molto a rinfrescar le sinapsi create da piccolo utilizzando mezzi moderni che permettono di viaggiare stando davanti ad un monitor, però il camminare vero e proprio è un’altra cosa.

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