domenica 17 agosto 2014

Giorgio Perlasca

Quando tutti dicono:
- Però, cazzo! è vero, vengono e ci rubano il lavoro.
Ma i lavori che si accollano, noi, cerchiamo di evitarli fino a che non ci troviamo nelle loro medesime condizioni.
- Però, cazzo! è vero, bisognerebbe aiutarli a casa loro.
Ma i motivi che li spingono lontano da casa li abbiamo generati noi.
Però, cazzo! è vero, fanno i marciapiedi e non capiscono che le sedie a rotelle non salgono facilmente gli scalini.
Ma: - Mi fermo solo per prendere le sigarette. E parcheggio di fronte all'unica rampa.
- Però, cazzo! è vero, le centrali nucleari forniscono molta energia ma lasciano eredità terribili.
Ma lasciamo accesa ogni sorta di luce e lucetta... per sempre, dalla prima volta che pigiamo il bottone.
Facciamo cazzate a non finire, poi, in un dato momento, una persona dice:
- Però, cazzo! è vero, ma che cazzo stiamo facendo!
Un ferragosto come tanti diventa improvvisamente importante. Non lo diventa per qualche avvenimento sportivo o per qualche manifestazione estiva ma a causa della morte di una persona importante, di quelle che fanno diventare importanti gli istanti fino a diluirli nel sempre senza che mai se ne disperda completamente il colore.

Un portatore di sorrisi che senza perder tempo s'inventò console, non per avere uno scranno importante per un tornaconto meramente egoistico, macché, non se ne poteva fregare di meno; per concretizzare quel "ma che cazzo stiamo facendo!"
Un portatore di sorrisi che avrei voluto come terzo nonno solamente per sentirgli raccontare come, infilandosi in quel tunnel di rischi pieno di gesti che necessitano di infinita energia per essere portati a termine, le sue giornate, per un po', non furono più normali.
Come  August Landmesser, iniziò con un singolo gesto di solidarietà, trasformando i suoi giorni in quello che diventò un'epopea che da nonno racconterò ai miei nipotini cercando di imitare uno dei sorrisi più belli.
Padova, 15 agosto 1992
muore GIORGIO PERLASCA
Come mi vennero le parole di quella  poesia? Mi ripassa davanti la fotografia di Giorgio Perlasca e ricordo.

Non si smontano i sorrisi
Tentano sempre
con spatole ed altro
di staccare
trecce di parole
e di sorrisi.
Chiudono le porte
e smontano i propri
come con il palco
dopo un concerto.
Tanti ne ho
e mi prendo anche i loro
arriverà il giorno
in cui li vorranno rivedere.
Da fuori le mura
li riporterò
facendo notare
che li si può staccare
solo col martello
ma non si possono smontare.
Si possono nascondere
per qualche tempo,
la peste passa
e subito li ritrovi.
I sorrisi ci sono
e anche le parole,
si intrecciano ancora
e sempre lo faranno,
perché i sorrisi
non si possono smontare,
solamente si può
nasconderli un po’.

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