Lo Strona con la zona "Baraggia" e dietro il "Motto" |
Io e il Luigino eravamo
sempre insieme e camminavamo tantissimo.
Meta fissa d’estate era il
lido sul lago di Mergozzo sotto la stazione ferroviaria di Fondotoce. Dal
centro di Gravellona dovevamo percorrere circa quattro chilometri. Si stava ore
e ore a fare il bagno in un’acqua freddissima ma alla quale ci si abituava
velocemente, e ore e ore le si passava a tuffarci dalla scarpata che scendeva,
sulla sinistra, dalla ferrovia. Per tuffarci dovevamo ogni volta risalire, solo
a pensare quante sono state quelle risalite mi viene l’affanno, eppure, era un
continuo. Era cosa anche abbastanza pericolosa, non pochi nell’ingresso in
acqua, hanno sbattuto i piedi sulle rocce ma questo rendeva ancora più
attraente il nostro tufarci.
Stanchi morti ci si metteva
in cammino, ancora bagnati, e si tornava a casa, a volte esponendo il pollice
con l’evidente desiderio di trovare il passaggio di qualche automobilista di
buon cuore, il che succededeva frequentemente.
Altre volte si arrivava fino
a Mergozzo, chilometri percorsi sempre a piedi, a volte raggiungendo l’incrocio
che portava al paese passando per Fondotoce, altre volte attraversando il Toce
su una passerella pedonale che si trovava a Ornavasso, anche questa raggiunta a
piedi.
A piedi si andava a Omegna
sia per strada che risalendo lo Strona.
Che stanchezza ci coglieva a camminare
su quell’infinito numero di sassi sui quali si cominciava a camminare per
evitare di bagnarci i piedi ma che dopo poco si cominciava ad aggirare e scavalcare; spesso scivolosi a tal
punto da farci cadere completamente in acqua.
Una volta bagnati diventava un po’ più semplice procedere e il cic ciac nelle scarpe diventava la colonna sonora del nostro risalire la corrente.
Una volta bagnati diventava un po’ più semplice procedere e il cic ciac nelle scarpe diventava la colonna sonora del nostro risalire la corrente.
Quando non ce la facevamo
più, in genere dalle parti di Crusinallo, ci sedevamo nell’acqua e discendevamo
il torrente, precursori di quello che sarebbe diventato un vero e proprio
sport, che ora ha tutta una sua attrezzatura sia per discese a corpo libero che
con l’ausilio di galleggianti realizzati ad-hoc.
Tornare a casa bagnati e con
ginocchia, caviglie e fianchi tinti di blu era più che normale.
Altre camminate ci
conducevano fino a Feriolo o a Baveno, sul lago Maggiore. Si camminava per
andare al Motto e a Granerolo, oppure si andava fino a Casale Corte Cerro.
Per una delle escursioni a
Casale ci attrezzammo con uno zaino pronto per una scampagnata, corredato da
acqua, formaggio e pane di Forzani, fornaio aldilàdelponte che produceva un
particolare pane al malto che mi piaceva da morire. Oltrepassammo, salendo, il
paese fino a giungere alla sommità di monte Massone; una volta lassù ci
lasciammo scivolare lungo un pendio ricoperto da alta erba, ricordo una discesa
che non finiva mai che ci portò fino a ridosso di alcune case.
Tornammo a Gravellona
tardissimo, un po’ a piedi e un po’ con passaggi in auto.
Nel ricordare questo episodio
mi ripropongo di ricostruire quel percorso con l’aiuto di Luigi, guardando le
zone sin qui descritte con l’aiuto del satellite, mi sembra impossibile che due
ragazzini di poco più di dieci anni, abbiano percorso tutta quella strada
nell’arco di una sola giornata, in quanto non tornammo percorrendo a ritroso la
strada, ma scendendo dall’altra parte della montagna.
Quel camminare era il
preludio di una passione che mai mi ha lasciato.
Nel 1977 andai ad abitare molto più a sud e alla fine dell’estate successiva, con mio fratello Marco, attrezzati di tutto punto, ci incamminammo da Cellole con Gravellona come meta, da raggiungere, rigorosamente a piedi e in autostop, avevamo quindici anni io e tredici Marco.
Nel 1977 andai ad abitare molto più a sud e alla fine dell’estate successiva, con mio fratello Marco, attrezzati di tutto punto, ci incamminammo da Cellole con Gravellona come meta, da raggiungere, rigorosamente a piedi e in autostop, avevamo quindici anni io e tredici Marco.
L’anno successivo partii con
la medesima volontà alla volta di Bolzano, sulla cartina che avevo appresso
segnai tutte le tappe e come le avevo percorse, alla fine del viaggio, le parti
percorse a piedi raggiungevano la strabiliante cifra di oltre trecento
chilometri, avevo sedici anni.
Negli anni successivi era per
me normale raggiungere Napoli, sempre da Cellole, in parte a piedie in parte in
autostop.
Molti anni dopo, per compiere
una mia sezione della Marcia Mondiale per la Pace , percorsi a piedi e spingendo una carriola,
la distanza che divide il Garigliano da Cisterna di Latina, avrei volentieri
continuato fino a Trieste dove la
Marcia faceva ingresso in Italia, purtroppo però dovevo
lavorare; la carriola, spinta da un gruppo di ragazzi arrivò fino a Roma dove
altre persone dovevano prenderla in carico, purtroppo l’iniziativa si arenò lì.
Nella carriola portavo alcune
manciate di terra che molte persone mi mandarono da varie parti d’Italia.
Questa terra era richiesto mi fosse mandata con la descrizione del posto di
prelievo e con pensieri dedicati all’iniziativa che avevo promosso per far
comprendere quanto non mi piace l’idea di confine. A tutta la terra raccolta
aggiungevo una piccola manciata che raccoglievo nel punto dove un cartello
annuncia l’ingresso in un nuovo paese, sarebbe stato bello se quella carriola
fosse arrivata fino al nord d’Italia con tutta la sua terra, fa nulla ma un
certo rammarico mi è rimasto, soprattutto perché avrei potuto organizzarla
meglio ma era agli inizi del mio ingresso in internet.
Camminare è un’attività che
ho nel sangue nella quale ho coinvolto mia moglie Silvana.
Quando eravamo fidanzati la
raggiungevo a Napoli dove viveva e si andava fino alla Villa Comunale, non una
sola volta percorremmo tutta la strada a piedi, spesso ne percorrevamo lunghi
tratti, sia all’andata che al ritorno, ora con lei spesso percorro i quattro
chilometri di spiaggia che separano Monte d’Oro da Monte d’Argento a Minturno.
Anche le montagne delle zone intorno a dove vivo vedono il menar dei nostri
piedi, a spese di funghi e asparagi.
Camminare… camminare.
Camminare è anche quello che
sto facendo attraverso i ricordi che vedono Gravellona e i ricordi che mi
legano ad essa, protagonisti delle righe che scrivo prima che scompaiano dalla
mia mente che si sta facendo vecchia.
Vero è che amici, compagni di
camminata, mi stanno aiutando molto a rinfrescar le sinapsi create da piccolo
utilizzando mezzi moderni che permettono di viaggiare stando davanti ad un
monitor, però il camminare vero e proprio è un’altra cosa.
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