Descrizione di una figura
immaginaria.
Un lungomarista degno di
questo nome comincia la propria giornata la sera quando se ne va dalla
spiaggia, il primo giorno di ferie dopo esser giunto nella località eletta a
residenza estiva.
Non comincia la mattina vi
chiederete?
No, secondo me prima di
diventare un vero lungomarista, deve lasciare l’ombrellone piantato e chiuso,
sul bagnasciuga della spiaggia libera dove avrà intenzione di lacerare i
timpani dei bagnanti, per segnare, come ogni buon maschio alpha, il proprio
territorio. Quel territorio, di buon mattino, verrà anzitempo occupato cominciando
con il più vecchio degli esemplari che, vuoi per il caldo, vuoi per gli
anticipati risvegli mattutini caratteristici, appunto, degli esemplari più anziani,
scende a rimestare sul fondo del mare in punti dove si può stare comodamente
seduti, nell’atto della raccolta delle telline, gustosi piccoli molluschi
particolarmente adatti per la preparazione di abbondanti spaghettate. Il
maschio alpha si dedicherà più tardi al procacciamento dei molluschi da
cucinare in abbondantissime soutè. Le cozze, raccolte tra i grossi massi
utilizzati per realizzare barriere frangiflutti, sono stupidamente lasciate
vivere la propria vita dagli abitanti autoctoni, costoro non si rendono conto
che proprio il loro abbondare davanti a canali di scarico li rende più grossi e
saporiti.
Al momento di lasciare la
spiaggia, il buon lungomarista, dopo aver radunato i due o tre quintali di
masserizie sempre utili quando si va al mare, infila la testa nella piccola
piscina gonfiabile utilizzata dagli esemplari più giovani; a volte invece, si
può trattare di mini-gommoni; in una mano impugna una sedia sdraio e nell’altra
la borsa con i giochi per i bimbi e le chiavi dell’automobile, la quale è
assolutamente indispensabile per chi si vuole fregiare del titolo di
lungomarista.
Il maschio alpha nell’atto di
abbandonare la spiaggia, lo si riconosce dal resto del branco soprattutto dallo
sguardo perso nel vuoto, infatti, nel dimostrare tutta la sua potenza,
raramente utilizza calzature di sorta e, causa i trecento gradi dell’asfalto,
deve concentrare le sue forze per non mostrare debolezze lamentandosi dell’ardere
delle piante dei piedi. Costui conduce l’attraversamento con un percorso in
diagonale di circa 100
metri laddove la strada è larga 6.
La compagna e la madre della
compagna, raramente si distinguono tra loro, entrambe con ventri prominenti,
inclinate all’indietro per compensare lo squilibrio dato dal buzzo, vestono
abiti drammaticamente succinti, denominati bikini, coperti da veli annodati su
una spalla ma praticamente completamente aperti sul davanti. L’esemplare più
vecchio delle femmine a volte lo si può riconoscere perché, non portando pesi,
può gaiamente dimenare davanti al volto ventagli raffiguranti santi e madonne.
Gli esemplari femmina più piccoli trascinano teli asciugamano a terra o, tuttalpiù piccoli cani che dimenandosi cercano di far comprendere il proprio disappunto nel fatto che nessuno si accorge del guinzaglio attorcigliato intorno ad una zampa mentre le altre tre, compreso il ventre, scartavetrano la strada.
Gli esemplari femmina più piccoli trascinano teli asciugamano a terra o, tuttalpiù piccoli cani che dimenandosi cercano di far comprendere il proprio disappunto nel fatto che nessuno si accorge del guinzaglio attorcigliato intorno ad una zampa mentre le altre tre, compreso il ventre, scartavetrano la strada.
I piccoli maschi di solito si
allontanano dalla spiaggia così come da questa sono partiti, cioè, calciando un
supersantos in un continuum spaziotemporale nel quale non si avvedono di
automobili e motocicli che, condotti da figli di lungomaristi appena più
cresciuti, ancora ricordano quelle traversate al seguito del branco e, per
loro, stanno attenti all’attraversamento, nel caso, salendo sui marciapiedi,
rigorosamente alieni ai lungomaristi pedoni, capita però che lasciato il
supersantos bucato sulla spiaggia, inforchino biciclettine comprate anni prima
alle quali, tolte le rotelle precedentemente indispensabili, menano a velocità
incredibili i pedali, 20 giri per ogni metro percorso, anticipando stoicamente
e nel totale sprezzo del pericolo l’attraversamento stradale senza perdere inutilmente
tempo per avvedersi di eventuali altri utilizzatori la strada.
Dove però, il lungomarista,
esprime tutte le maestrie tipiche della sua razza, è nel condurre l’automobile
che li porterà all’abitazione distante ben 50 metri dal punto dove la
spiaggia da loro precedentemente occupata, tange la strada che percorrono col
mezzo motorizzato.
Dopo averla caricata con gli altri rappresentanti il gruppo e
di tutta l’attrezzatura oltre a quella attentamente lasciata appoggiata a
secchi vuoti della spazzatura, (nel caso non venga vista dagli addetti alla
nettezza urbana), mette in moto e alla velocità costante di
Una volta immesso nel caotico
traffico del lungomare, un vero lungomarista, abbandonando completamente la
guida a vista, si gira di centottanta gradi per scaricare una gragnuola di
colpi a mani aperte e chiuse sugli esemplari più piccoli seduti dietro che,
giocando con il canotto, non gli permettono la visuale posteriore attraverso il
predisposto specchietto. Dopo questa mansione, scarica improperi sull’esemplare
femmina per far meglio comprendere dove ella male educa la prole mentre le
braccia della di lei madre si interpongono fra i due a evitare gragnuole
manesche anche sulla figlia. Nell’adempimento di tutte queste mansioni, avendo
abbandonato al pilota automatico la guida dell’auto, quella, per conto suo, se
ne è andata a camminare nella corsia opposta dove i non lungomaristi, nella
loro infinita pazienza, si sono industriati in vari modi per evitare
collisioni, ma dove anche, altri lungomaristi, intenti nelle medesime attività
stanno per occupare la loro e solo lunghe scariche di trombe e clacson induco i
guidatori a riprendere la guida a vista, mai senza prima gridare agli esemplari
femmina seduti di fianco, il loro disappunto, in quanto uniche responsabili di
quello che non si è trasformato in tragedia, solo grazie alla loro grande
perizia nella guida.
Epilogo e fiore all’occhiello
di un lungomarista che a buon titolo si vuol fregiare di questo prestigioso
appellativo, è il posizionarsi tranquillo dopo tante peripezie, nella postura
più classica, natiche spostate tutte in avanti fino a giungere sul bordo del
seggiolino e, con il margine inferiore del finestrino all’altezza
dell’orecchio, tutto l’avambraccio appeso al di fuori dello stesso, mignolo
alzato e le carni che sfrigolano sui trecento gradi della lamiera esterna di un
auto abbandonata ore e ore sotto il sole agostano.
Praticamente, un buon
lungomarista, raggiunge livelli estremi di controllo del proprio corpo, come un monaco intento a meditare per abbandonare le percezioni date dai sensi del
corpo, raggiunge una enorme capacità di sopportazione del calore.
Seconda parte
Seconda parte
Grande Massimo! Mi hai fatto fare un mare di risate!!!!!
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